Secondo l’opinione comune la funzione principale del suolo è quella di consentire l’attuazione delle attività agricola e forestale e garantire quindi la produzione di alimenti, fibre ed altre materie prime necessarie alla sopravvivenza dell’uomo sul pianeta. Una visione un po’ più attenta e specialistica porrebbe l’accento sul fatto che i suoli non solo sostengono gli ecosistemi terrestri che generano un’utilità diretta per l’uomo, ma sostengono anche quegli ambienti naturali che non vengono direttamente utilizzati o coltivati. L’approccio che si sta affermando da una decina di anni a questa parte, enfatizzato dalla pubblicazione del Millenium Ecosystem Assessment (2005) da parte delle Nazioni Unite, è ancora più olistico e sottolinea l’importanza dei Servizi Ecosistemici e cioè di una valutazione complessiva dei servizi resi dagli ecosistemi. Questo approccio naturalmente può essere applicato anche al suolo e consente di evidenziare che i servizi resi da esso non si limitano alla produzione di derrate agricole e legname, ma vanno ben oltre, contemplando il ciclo del carbonio fra l`atmosfera e la biosfera e di conseguenza la mitigazione del cambiamento climatico e, successivamente, la regolazione del ciclo delle acque e molto altro ancora.
Secondo le stime più recenti, ad esempio, il suolo immagazzina una quantità di carbonio stimata tra 1.600 e 2.000 miliardi di tonnellate (Gt) di carbonio, quantità doppia rispetto alla quantità presente in atmosfera e 2,5 volte maggiore rispetto a quella fissata nella vegetazione. Anche se tali quantitativi di carbonio sono notevolmente inferiori rispetto alle riserve presenti nelle rocce e negli oceani, si tratta di uno stock che è possibile variare in tempi relativamente brevi. Questa potenzialità può essere gestita, entro certi limiti, incrementando la quantità di carbonio immagazzinata nel suolo, mediante l’adozione di opportune pratiche di gestione quali l’afforestazione, il regime sodivo e le lavorazioni minime. Ai fini della mitigazione del cambiamento climatico è necessario tuttavia che le valutazioni effettuate siano estese a tutti i gas serra, valutando il potenziale di riscaldamento complessivo. E’ noto infatti che il potenziale di riscaldamento del metano e del protossido di azoto è rispettivamente di 21 e 310 volte superiore rispetto a quello dell’anidride carbonica. Alcuni risultati scientifici evidenziano, ad esempio, che se la lavorazione minima consente di fissare carbonio nel suolo, e quindi sottrarre CO2 dall’atmosfera, essa provoca per contro un incremento nelle emissioni di N2O. Il suolo riveste comunque un`importanza strategica nella mitigazione del cambiamento climatico in quanto rappresenta una delle principali possibilità per ridurre la concentrazione di CO2 nell’ atmosfera nel breve-medio termine. Per il lungo termine sarà necessario individuare altre soluzioni, anche perché lo stoccaggio di carbonio nel suolo è, per sua natura, non definitivo. Numerosi studiosi concordano sul fatto che l’obiettivo principale, e forse più semplice, da raggiungere sia perlomeno mantenere le attuali riserve presenti nel suolo. Se è vero infatti che alcune pratiche di gestione o conversioni di uso del suolo consentono di immagazzinare carbonio, è altrettanto vero che la deforestazione e la conversione di praterie, cespugliati e torbiere in terreni coltivati porta inevitabilmente ad una drastica riduzione del carbonio immagazzinato nel suolo. Quando si parla di cambiamento climatico è necessario poi considerare la necessità di perseguire due diversi obiettivi: la mitigazione e l’adattamento. La corretta gestione del suolo diviene essenziale anche per le misure di adattamento. Un suolo con una buona dotazione in sostanza organica, caratterizzato quindi da una maggiore capacità di trattenere l’acqua (capacità idrica utile), consente di contenere i danni in caso di siccità. Un suolo con un`elevata capacità idrica utile è “adattato” alla siccità, quanto lo sia un dromedario con la sua riserva di acqua nella gobba, ai climi aridi.
Il suolo riveste poi un’altra funzione essenziale, la cui importanza è considerata con interesse crescente, ossia quella di ospitare un numero elevatissimo di organismi viventi. La biodiversità del suolo è una componente essenziale della diversità biologica presente sul pianeta, sia da un punto di vista quantitativo che funzionale anche se non sufficientemente conosciuta ed investigata. L’Atlante europeo della biodiversità del suolo, che il Centro Comune di Ricerca (Joint Research Centre) della Commissione europea ha realizzato come contributo all’Anno internazionale sulla biodiversità, è importante per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, dei tecnici, dei decisori politici sul ruolo della componente biologica del suolo nell’assicurare molteplici servizi ecosistemici. L’obiettivo di questo volume è stato quello di spiegare, in termini semplici ma rigorosi, cosa sia la biodiversità del suolo e soprattutto quali siano le sue funzioni e perché sia così importante proteggerla. L’importanza della biodiversità del suolo per l’attuazione di un`agricoltura sostenibile, è sottolineata sia dalla FAO (Food and Agriculture Organization) che dalla Convenzione internazionale sulla biodiversità. La biodiversità del suolo è considerata, da alcuni studiosi, come una delle prossime frontiere della ricerca scientifica; basti pensare che si stima che circa un quarto delle specie che popolano il pianeta sia presente nel suolo e che, di queste specie, solo il 10% sia attualmente stato scoperto . Alcuni studiosi hanno cercato di stimare il valore dei servizi resi dalla componente biologica del suolo; se si considera, ad esempio, il solo valore della fissazione biologica dell’azoto, quest’ultimo è stato stimato, a livello mondiale, oltre 70 miliardi di euro l’anno, oppure quello della impollinazione, realizzata da insetti, legati comunque al suolo durante una parte del loro ciclo vitale che è stato stimato oltre 150 miliardi di euro l’anno. Tra le diverse funzioni della componente biologica del suolo abbiamo la degradazione della sostanza organica, il contributo alla formazione della struttura del suolo, la degradazione di xenobiotici, il controllo dei patogeni delle colture, etc. Si deve osservare che, nell’ambito di queste funzioni, vi sono processi che vengono realizzati da centinaia di specie mentre altri sono molto più specifici basati su poche, o addirittura una sola, specie. Qual`è allora la reale funzione di un elevato grado di biodiversità edafica? La presenza di un numero elevato di specie, cioè di un’ampia biodiversità, assicura al suolo resistenza e resilienza. Il primo termine, resistenza, si riferisce alla capacità di un suolo di limitare gli effetti dovuti a perturbazioni esterne, mentre il secondo termine, resilienza, si riferisce alla capacità di un sistema di recuperare in seguito ad un’ azione di disturbo.
Oltre a queste funzioni reali ed attuali, esiste una serie di funzioni potenziali legate, ad esempio, alla possibile utilizzazione futura di alcuni organismi presenti nel suolo per la produzione di medicinali o di mezzi biologici per la difesa dai patogeni e parassiti delle colture agrarie. L’auspicio è che, nell’ambito della revisione delle politiche comunitarie, possa essere concesso un riconoscimento economico agli agricoltori che attuano pratiche di gestione del suolo atte a preservarne o incrementarne la biodiversità.
In attesa delle indicazioni dell’auspicata Direttiva quadro sulla protezione del suolo, alcuni Stati membri hanno già avviato programmi di inventario o di monitoraggio delle diversità biologica dei propri suoli. Francia, Irlanda e Germania, ad esempio, si stanno muovendo in questa direzione mentre l’Italia ha per ora avviato alcune attività a livello regionale ma non coordinate a livello nazionale.
Il riconoscimento dell’importanza del suolo per molteplici funzioni e la coscienza che in futuro esso sarà soggetto a pressioni ambientali crescenti, legate non solo all’incremento demografico del pianeta ma anche al cambiamento degli stili di vita, rende quanto mai indispensabile l’attuazione di una corretta politica di conservazione di questa risorsa strategica, limitata e non rinnovabile. I programmi di monitoraggio dei processi di degradazione dei suoli costituiscono uno strumento irrinunciabile per l’attuazione delle politiche di conservazione.
L’impermeabilizzazione dei suoli, ad esempio, intesa come la copertura del suolo da parte delle costruzioni dell’uomo (edifici, parcheggi, strade, etc.), costituisce una delle minacce più subdole ed irreversibili. In Europa, tra il 1990 ed il 2000, sono stati “persi” complessivamente oltre 800.000 ha di suoli. Sebbene questo processo non assuma nel nostro paese la stessa intensità che in paesi quali l’Olanda, Belgio o Germania (fig. 1), si deve osservare che i processi di urbanizzazione in Italia si concentrano nelle aree più accessibili e con minori limitazioni allo sviluppo, quali la pianura padano-veneta e le aree costiere. Se consideriamo quindi l’intensità del fenomeno e la percentuale di suoli fertili che vengono persi irreversibilmente all’interno di queste aree, le percentuali raggiungono valori preoccupanti. Sono quindi da vedere con particolare favore le iniziative finalizzate a contenere, per quanto possibile, questo fenomeno quali la creazione dell’Osservatorio nazionale sui consumi di suolo, realizzato in Italia da Legambiente, Istituto nazionale di urbanistica e Politecnico di Milano. Un altro esempio è quello della Germania, che ha adottato una strategia finalizzata ad una drastica riduzione dei consumi di suolo: dai valori attuali di oltre 100 ha/giorno, ad un obiettivo di 30 ha/giorno da raggiungere entro il 2020.
Ciro Gardi
Joint Research Centre, Commissione Europea
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