Sono stati creati i primi schermi o strati attivi applicabili all’elettronica moderna non dannosi per l’ambiente adatti a dispositivi arrivati a fine vita.
Cosa sono i RAEE
La sigla RAEE sta per Rifiuti da apparecchiature Elettriche ed Elettroniche e solo nel 2014 ne sono stati prodotti in tutto il mondo quasi 42 milioni di tonnellate. I RAEE quindi sono tutte quelle parti non più riciclabili e riconvertibili di materiale elettrico ed elettronico quando i dispositivi che li contengono smettono definitivamente di funzionare.I progressi tecnologi e la diffusione di elettrodomestici di largo consumo come il pc portatile ma anche cellulari e tablet, hanno cambiato in meglio la vita dell’uomo ma rischiano di diventare entro pochi anni una minaccia reale per l’ambiente e anche per il loro smaltimento.
L’obsolescenza programmata
E’ un termine che magari è poco diffuso ma è strettamente collegato all’aumento dell’inquinamento da rifiuti di tipo RAEE. Le aziende produttrici di dispositivi di uso comune come per esempio gli smartphone, studiano come fare per vendere gli ultimi modelli prodotti pianificando la “scadenza” di quelli più vecchi.
Per fare un esempio molti si trovano a possedere un cellulare che diventa obsoleto di fronte al rilascio dell’azienda di nuovi aggiornamenti del software o che non è compatibile con lo spazio e le caratteristiche necessarie del hardware. L’utilizzatore per state al passo di tali cambiamenti comincia a pensare di sostituire il proprio supporto mobile con uno di ultima generazione.
Le aziende dunque creano sulla carta nuovi bisogni ed esigenze che si traducono in un’ondata di vendite, con la corsa alle ultime uscite in fatto di dispositivi ultra tecnologici.
I vecchi cellulari o smartphone finiscono nella spazzatura e al momento non esistono forme di incentivo per il loro recupero, divenendo una minaccia tutt’altro che remota per l’ambiente.
L’elettronica biodegradabile
Una soluzione a una tale minaccia pare sia stata scoperta da un gruppo di studiosi e ricercatori che, oltre a puntare sul riciclo di tanti dei componenti elettrici e ed elettronici, hanno pensato a strutture compatibili con oggetti del genere ma biodegradabili. Più precisamente lo studioso Suchismita Guha dell’Università del Missouri che fa parte del Dipartimento di Fisica e Astronomia è riuscito a realizzare, con la collaborazione di uno studente già laureato, Soma Khanra, dei display per cellulari a partire da componenti organici.
Sono i primi schermi o strati attivi applicabili all’elettronica moderna non dannosi per l’ambiente adatti a dispositivi arrivati a fine vita. Con questa notizia l’ateneo americano ha dato l’avvio a una strada che potrebbe davvero dare una svolta alla sostenibilità di questi materiali, che sono pienamente biodegradabili. Lo stesso Guha ha anche intrapreso una collaborazione con l’Università Federale di ABC in Brasile per riuscire a creare altri schermi che si possano adattare a dei dispositivi touch screen.
Le sostanze organiche degli schermi biodegradabilidownload The Mummy 2017 movie
Le sostanze organiche di cui sono composti gli schermi biodegradabili sono dei proteine chiamate peptidi che, se mescolati a un polimero di colore blu e che sia luminescente, possono assumere tale funzione. E’ chiaro che questa scoperta è stata possibile per l’impiego ormai largamente diffuso e dalle grandi potenzialità della nanotecnologia. I nanotubi si assemblano automaticamente in nanostrutture e con la semi conduzione organica si possono creare dei nanomateriali, che riproducono la luce blu richiesta per il funzionamento dei display.
La ricerca però non si ferma al solo al blu e continua per migliorare la funzionalità degli stessi schermi anche con il rosso e il verde, che sono gli altri colori necessari al funzionamento.

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