La modernizzazione dell’economia e il rilancio della competitività delle imprese rappresentano le principali sfide con cui tutti i paesi sono oggi chiamati a confrontarsi, in un quadro di spinta globalizzazione dei mercati, di crescente interdipendenza dei sistemi economici e di accresciute pressioni competitive, reso più complesso dalla profonda crisi economico-finanziaria che ha recentemente investito tutti i sistemi.
I paesi europei, storicamente caratterizzati da un’accentuata polverizzazione dei sistemi produttivi nazionali e da una marcata specializzazione industriale in settori labour intesive, a bassa intensità di ricerca e innovazione, sono oggi fortemente esposti agli effetti recessivi della crisi e alla concorrenza dei paesi emergenti, in un contesto globale che assegna all’innovazione il ruolo di driver della competitività e della modernizzazione dei sistemi economici. Ciò spiega la centralità che nel dibattito politico-istituzionale europeo rivestono oggi i temi dell’innovazione e della conoscenza, nonché il formarsi di un consenso ampiamente condiviso circa l’urgenza di mettere a punto una strategia comune di respiro europeo, capace di creare le condizioni per favorire e sostenere nel lungo termine la capacità del sistema economico di affrontare tali sfide, rilanciando la crescita e dando nuovo impulso alla strategia di Lisbona.
Le Istituzioni europee, i governi nazionali e gli enti locali sono oggi chiamati, in ottica sussidiaria, a guidare tale processo, assumendo la responsabilità di individuare le priorità strategiche verso cui concentrare le risorse, di definire gli obiettivi di lungo termine e di mettere a punto gli strumenti, anche di finanziamento, necessari per fronteggiare la crisi e per consentire alle imprese di cogliere le opportunità di sviluppo e di modernizzazione che, storicamente, ogni grande crisi porta con sé. La complessità e l’interdipendenza dei fenomeni in atto agiscono nella direzione di accrescere la necessità di un approccio integrato e sistemico alle questioni dello sviluppo economico e della competitività del sistema europeo, individuando soluzioni in grado di fare perno sulle specificità e sulle potenzialità dei tessuti socio-economici locali per rilanciare, su basi rinnovate, la crescita di tutti i settori dell’economia e di tutte le imprese.
La struttura del sistema economico europeo, caratterizzata dalla presenza di oltre 23 milioni di PMI che tradizionalmente ne costituiscono l’ossatura portante , impone all’Unione europea e ai governi nazionali di affrontare tali sfide mettendo al centro dell’agenda istituzionale e delle linee di azione politica il tema del loro sviluppo. Ciò a partire dal riconoscimento delle peculiarità che tali imprese esprimono, quale base da un lato per il superamento delle criticità che tradizionalmente ne ostacolano la crescita e l’affermazione sui mercati internazionali, dall’altro per la piena valorizzazione del loro potenziale di crescita, di innovazione e di creazione di posti di lavoro.
In Europa le PMI hanno per lungo tempo sperimentato percorsi di sviluppo “spontanei”, ispirati a logiche di tipo bottom-up. La loro innata vitalità e la capacità di adattarsi con rapidità e flessibilità ai mutamenti della domanda e del quadro competitivo ne hanno a lungo sostenuto la crescita, sopperendo all’assenza di una regia strategica e di un quadro normativo idoneo a creare condizioni atte a favorire la nascita di nuove piccole imprese, sostenerne la crescita dimensionale e agevolarne l’inserimento nei mercati internazionali. Oggi, le profonde trasformazioni in atto nello scenario competitivo mondiale e l’ampiezza degli effetti della crisi economica impongono un deciso mutamento di rotta: alle PMI è richiesto di rinnovarsi nella propria organizzazione interna e nei rapporti con le altre imprese ed il mercato globale, individuando nuovi modelli di business e soluzioni strategico-gestionali originali, aperte all’innovazione e alla sperimentazione di forme collaborative tra imprese e con gli attori, pubblici e privati, del sistema della ricerca; alle Istituzioni europee e nazionali di mettere a punto una strategia comune, orientata al lungo termine, superando la frammentazione che ha storicamente caratterizzato l’approccio politico e culturale al tema dello sviluppo delle PMI, nel quadro di rinnovate relazioni tra imprese e tra attori pubblici e privati. La possibilità per le PMI di svolgere un ruolo di primo piano nel rilancio dell’economia europea e di beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico, implica infatti la presenza di un contesto istituzionale favorevole, in grado di consentire a questi attori di sostenere i costi e i rischi connessi al processo di innovazione, di investire nella formazione del capitale umano e di avviare percorsi radicati di internazionalizzazione sui mercati internazionali, specie in quelli emergenti destinati a trainare lo sviluppo.
In questo contesto, l’emanazione da parte della Commissione Europea nel giugno 2008 dello Small Business Act – il primo atto comunitario che riconosce la necessità di politiche specifiche per le PMI – costituisce un’opportunità storica per ripensare l’approccio politico e, ancor prima culturale, al tema dello sviluppo delle piccole imprese. Partendo dal riconoscimento del ruolo cruciale svolto dalle PMI nell’economia europea e delle criticità che tradizionalmente ne ostacolano lo nascita e la crescita, lo Small Business Act definisce dieci principi destinati a guidare la formulazione e l’attuazione delle politiche, sia a livello comunitario che degli Stati membri (Box 1): riduzione dei costi amministrativi, semplificazione amministrativa, incentivi alla capitalizzazione, sostegno all’innovazione e all’internazionalizzazione, accesso privilegiato al credito e al mercato degli appalti pubblici (che rappresentano il 16% del Pil europeo), sostegno alla crescita dimensionale e alla partecipazione a reti di impresa. Sebbene ad oggi privi di vincolo giuridico, essi testimoniano l’affermarsi in Europa di una volontà politica comune, tesa a concepire ed attuare una strategia globale per le PMI, ispirata al principio “Think Small First”, nel quadro di un più ampio disegno di politica industriale e dell’innovazione di respiro europeo. Tale prospettiva chiama in causa l’attore pubblico chiamato a svolgere, sia a livello comunitario che nazionale, un ruolo strategico di iniziativa e regia del processo, salvaguardando nel contempo i meccanismi di mercato, a tutela dell’iniziativa privata e della libertà individuale.
Lo Small Business Act europeo si ispira all’esperienza degli Stati Uniti a favore delle PMI che appare meritevole di essere brevemente ricordata. L’importanza storicamente attribuita dal Governo federale alle PMI innovative nel processo di sviluppo del Paese trova fina dal 1953 pieno riconoscimento legislativo nello Small Business Act, la cui attuazione è affidata alla Small Business Act Administration, agenzia indipendente che aiuta ed assiste le piccole imprese, tutelandone gli interessi e rappresentandone le esigenze in tutte le sedi istituzionali. Il sostengo alle PMI si è nel tempo concretizzato in una ampia serie di misure e interventi legislativi, nel complesso finalizzati a creare un humus favorevole alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese innovative ad alto potenziale di crescita: accesso agevolato al credito, creazione di un articolato sistema di garanzie pubbliche, contratti di ricerca fuori mercato specificamente destinati alle PMI, assegnazione alle imprese minori di una quota riservata delle commesse pubbliche (attualmente pari al 23%), accesso privilegiato al finanziamento pubblico delle attività di R&S. Questi interventi a favore delle PMI si collocano nel quadro di una politica industriale da sempre orientata a sostenere la nascita e lo sviluppo di imprese innovative, specie nei settori strategici dell’economia, valorizzandone il contributo alla competitività del sistema economico statunitense. Nel complesso, le misure adottate dal Governo federale hanno attribuito un importante vantaggio competitivo alle PMI statunitensi e sono state recentemente ampliate alla luce della pesante crisi economica che ha investito il Paese.
Tale esperienza ha ispirato la Commissione europea che nel biennio 2008-2009 ha adottato alcune prime importanti misure di attuazione dello Small Business Act: in particolare, è stato varato il nuovo regolamento generale di esenzione per categoria relativo agli aiuti di Stato, finalizzato a semplificare le procedure e a ridurre i costi, che consente ai governi europei di accrescere gli aiuti a sostegno delle PMI e adottata la nuova proposta in materia di IVA, in vigore dal 1 giugno 2009, che consente agli Stati membri l’opzione di applicare aliquote IVA ridotte per i servizi forniti localmente, in larga misura erogate da piccole e medie imprese. Altre importanti misure sono in corso di adozione tra cui la proposta di un nuovo Statuto di società privata europea, in grado di operare in tutti gli Stati membri sulla base degli stessi principi, la modifica della direttiva sui ritardi di pagamenti che colpiscono le PMI e il progetto per la riduzione entro il 2012 degli oneri amministrativi del 25%, che rappresentano un importante freno alla nascita e allo sviluppo delle piccole imprese europee.
L’Italia, che in Europa è il paese con il maggior numero di PMI (oltre 6 milioni), ha oggi la possibilità di svolgere un ruolo di primo piano nel processo di attuazione di una compiuta strategia europea per le PMI, valorizzando e innovando la tradizione dei distretti industriali e del localismo in funzione delle sfide che il mutato contesto competitivo impone. L’approvazione, nel novembre scorso, da parte del Consiglio dei Ministri, della Direttiva che da attuazione ai principi contenuti nello Small Business Act, si colloca in questa direzione e testimonia l’emergere di una volontà politica tesa a riconoscere, con misure concrete, il contributo fondamentale svolto dalle PMI in termini di sviluppo economico, innovazione e occupazione. Il pieno raggiungimento degli obiettivi statuiti alla SBA necessita del coinvolgimento attivo di tutti gli attori del sistema, sia a livello nazionale che locale; in questo quadro, un ruolo di primo piano è assegnato alle Associazioni di categoria e alle Camere di Commercio che, con le loro attività, aiutano quotidianamente le piccole imprese italiane a crescere e a essere sempre più competitive nel mercato globale.
Roberta Pezzetti
Università degli Studi dell’Insubria
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