Ostacolato da una frammentazione della normativa regionale e dalla burocrazia, l’istituto dell’apprendistato non ha finora esplicato tutte le sue potenzialità.
L’apprendistato, infatti, è una delle pochissime opportunità per favorire l’occupazione giovanile che in Italia e in Basilicata conta su numeri limitatissimi. Infatti, anche se nel Paese non ha un lavoro un giovane su tre e in Basilicata uno su due, le imprese non utilizzano il contratto dell’apprendistato che, come modificato dalla legge Biagi del 2003, è la principale occasione di ingresso nel mondo del lavoro per i giovani. Pochissime aziende, tuttavia, fanno ricorso all’apprendistato perché non esiste un’adeguata offerta formativa pubblica per gli apprendisti. Considerate le pesanti sanzioni a cui si va incontro, nessuno vuole rischiare di sbagliare.
«Attualmente – ha dichiarato Vito Gravela, presidente di CONFAPI Matera – quello che viene considerato lo strumento migliore per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, non è di fatto operativo per la incompletezza della regolamentazione normativa e per il rischio di sanzioni a cui le imprese andrebbero incontro».
Il dibattito in corso nel Paese sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quindi le ragioni degli uni e quelle degli altri, non centrano il vero problema del mercato del lavoro. Quella dell’articolo 18 è diventata una questione di principio, ovviamente degna della massima attenzione, ma che non risolve i problemi del lavoro se è vero che solo l’1% delle cause di lavoro riguarda l’articolo 18. Anzi, la carica emozionale che comporta questo provvedimento non è un mistero per nessuno, non può prescindere dall’intensità del dibattito che la materia ha sempre suscitato. Le priorità dell’agenda del Governo dovrebbero concentrarsi sui criteri di ingresso al lavoro, piuttosto che su quelli di uscita. Il Governo Monti sta lavorando anche sul fronte dell’apprendistato, finora bloccato dalla mancanza di regole certe. La flessibilità che garantisce questo istituto potrebbe incentivare le imprese ad assumere, riducendo le tensioni sociali del periodo. Le imprese hanno bisogno di giovani, i cui picchi di entusiasmo sono esaltanti. Con loro le espressioni fredde “capitale umano” e “risorse umane” diventano immediatamente palpabili.
Nel momento in cui scriviamo i contenuti della riforma Fornero sul mercato del lavoro non sono stati resi noti nel dettaglio, ma la dichiarazione di principio di rendere l’apprendistato il canale principale d’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, come da noi auspicato, lascia ben sperare per un’inversione di rotta. Ciò va nella direzione di favorire il ricorso prevalente alla forma del lavoro subordinato a tempo indeterminato, contrastando le forme improprie di flessibilità. E in un contratto a causa mista come l’apprendistato, dopo l’investimento sulla formazione, il datore di lavoro non butta di colpo il capitale umano dalla finestra.
Adesso l’apprendistato avrà una durata minima che non potrà superare i tre anni. Ma la scadenza del contratto non determinerà necessariamente la fine del rapporto, anche perché le aziende, per mantenere la facoltà di assumere con l’apprendistato, saranno obbligate a garantire percentuali minime di conferma degli apprendisti.
Il discorso delle tutele non può riguardare solo il lavoratore dipendente. Se un’impresa chiude, anche il titolare finisce disoccupato. Altro che articolo 18. Basti pensare ai tempi dilatati per quanto riguarda i pagamenti, oppure ad una globalizzazione che non è per niente omogenea e colpisce duro soprattutto alcune aree a discapito di altre, per rendersi conto che all’azienda competitiva oggi, per forza di cose, non può che corrispondere un lavoratore altrettanto competitivo.
Pasquale Latorre
Direttore CONFAPI Matera
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