Le ricostruzioni storiche tendono a dimenticare il ruolo della tecnologia e dell’innovazione. Nei libri di storia si ricordano principi e re, generali e ammiragli, battaglie e trattati di pace. Poco si dice di architetti e ingegneri, di industriali e commercianti, di tecnologie e di innovazioni. Eppure è (anche) grazie a questo che si è arrivati al progresso e al benessere che contraddistingue la nostra epoca. L’Italia è diventata un paese moderno grazie anche alla forza dei suoi ingegneri, dei suoi industriali, dei suoi innovatori, alla capacità di lavorare e di creare della sua borghesia. E’ una storia poco nota, eppure è grazie allo sforzo di queste persone che oggi siamo tra i grandi paesi più industrializzati. E’ una storia che parte da Milano, e da un evento, l’Esposizione del 1881, per lungo tempo dimenticata, ma di grande importanza per la nascita e lo sviluppo dell’italia industriale.
Negli anni attorno l’unificazione, nella seconda metà dell’Ottocento, Milano finiva, verso est, a Porta Venezia. Ma già allora la strada che correva verso la Madonna di Loreto cominciava ad attirare i costruttori e i commercianti.
Qui, nel 1842, venne inaugurato lo “Stabilimento di esercizio e scuola di Nuoto” – in altri termini la prima piscina in Italia – detta anche Bagno di Diana (oggi Hotel Diana Majestic, il capostipite degli happy hour milanesi). Qui, nel 1876, venne inaugurata la prima tramvia a cavalli di Milano, un servizio Milano – Monza con le innovative rotaie di scorrimento.
Tutta la città era in fermento. Liberata dagli austriaci nel giugno del 1859 dopo la sanguinosa battaglia di Magenta, la città aveva subito avviato un rapido sviluppo, diventando la città in cui, più di altre, si sperimentava e si faceva innovazione. Quella della seconda metà dell’Ottocento era la Milano della nuova Galleria Vittorio Emanuele in parte al Duomo, la Milano dell’architetto Luigi Broggi a cui si devono il palazzo della Borsa e quello del Credito Italiano al Cordusio, l’edificio della Banca d’Italia in via Armorari. Era la Milano di Eugenio Torelli Viollier, un napoletano che aveva fatto le sue prime esperienze a Napoli come segretario di Alessandro Dumas padre, per poi fondare nel 1876 il Corriere della Sera, di Francesco Brioschi, primo rettore nel 1863 del Politecnico di Milano, di Ferdinando e Luigi Bocconi che nel 1865, primi in Italia, ebbero l’idea di aprire un negozio per vendere abiti già confezionati, di Massimiliano Chiari che, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1876, aprì la prima agenzia di viaggi di Milano (e d’Italia), di Giovan Battista Pirelli, il re della gomma, dei fratelli Gerosa, i primi grandi industriali della nascente industria elettrica e delle telecomunicazioni e, soprattutto, dell’ingegner Giuseppe Colombo, da molti considerato il padre della rivoluzione industriale italiana. Fu lui, ad esempio, a realizzare la prima centrale elettrica d’Europa, in via Santa Radegonda a Milano, dietro il Duomo, e fu sempre lui a introdurre, insieme ai fratelli Gerosa, il telefono in Italia, in seguito alla visita che tutti e tre fecero all’Esposizione di Filadelfia del 1876. Impressionato dall’invenzione di Bell, ritornato in patria Colombo scrisse una relazione che servì all’ing. Marco Maroni, capo dell’Ufficio Telegrafi delle Ferrovie, per costruire autonomamente, l’anno successivo, il primo telefono italiano.
I fratelli Gerosa, dal canto loro, iniziarono a costruire telefoni su licenza Bell; con uno di questi apparecchi fu portato a termine il 30 dicembre 1877 un primo collegamento sperimentale tra il corpo di guardia dei Pompieri di Palazzo Marino e la caserma comunale di san Gerolamo, distante tre chilometri, messi in comunicazione con il filo telegrafico che serviva per gli incendi. Il giorno dopo, il capolavoro: per l’ultimo dell’anno il sindaco di Milano, infatti, riuscì a inviare gli auguri dell’Anno Nuovo 1878 al Sindaco di Gallarate e Varese. Fu la prima telefonata in Italia.
L’anno che si chiudeva con quella telefonata, il 1877, fu un anno straordinario. Lontana dai giochi politici, Milano si faceva strada con la forza dell’innovazione.
Proprio quell’anno, dopo il successo ottenuto con il negozio di via Santa Radegonda, il primo a vendere in Italia abiti preconfezionati, i fratelli Ferdinando e Luigi Bocconi avevano aperto “Aux Villes d’Italie”, il primo grande magazzino in Italia, di ispirazione parigina. Con il loro nuovo modo di esporre la merce, le vetrine ampie e luminose, i colori studiati per attirare gli sguardi, cambiarono per sempre il modo di vendere. Ma non solo. Il 18 marzo, a mezzanotte, tutta la città si era riunita in Piazza Duomo per assistere al primo esperimento di illuminazione elettrica con una potente lampada ad arco posta in cima ad una torre appositamente eretta in piazza del Duomo. Il 2 maggio era stato approvato il prolungamento della linea di tramway Milano-Monza da porta Venezia a S. Babila: il primo tram nel centro di una città. Il 26 luglio, i milanesi si erano trovati ai Giardini Pubblici per vedere il giovane Enrico Forlanini che con una strana macchina dotata di due eliche coassiali del diametro di circa due metri spinte da un motore a vapore appositamente realizzato si alzava da terra per una ventina di secondi all’altezza di circa 13 metri. Si, è così: ai giardini di Porta Venezia, era stato effettuato il primo volo al mondo di un elicottero. Pochi giorni più tardi, il 23 agosto, grazie alla posizione favorevole del pianeta, in opposizione rispetto alla Terra, Giovanni Schiaparelli compiva dall’Osservatorio di Brera le osservazioni di Marte che diventeranno presto celebri per la scoperta dei “canali” che fanno supporre la presenza sul pianeta di esseri intelligenti. Da quel momento nell’immaginario collettivo i “marziani” divennero una realtà. E alla fine dell’anno, la prima telefonata fatta in Italia, chiuse in bellezza un anno straordinario.
In questa atmosfera entusiasmante cominciava a farsi strada un pensiero rivoluzionario. Se nella sola Milano si potevano vedere tutte queste meraviglie, quante altre se ne potevano vedere nel resto d’Italia? Chi erano, dove si trovavano, cosa stavano facendo tutti gli altri industriali, inventori, scienziati che l’unità di Italia aveva reso compatrioti?
Le esperienze fatte da alcuni milanesi presso le esposizioni che si erano tenute negli altri paesi erano state positive: dalle idee prese durante quelle visite erano arrivati notevoli progressi. Ma non bisognava guardare solo all’estero, restare sottomessi alle tecnologie straniere. Contro questa sciagura, bisognava dare all’Italia fiducia in se stessa. Occorreva che tutti conoscessero le eccellenze dell’industria del paese, che potessero toccare con mano quanto di buono sapevano fare artigiani, tecnici, ingegneri italiani. Fu così che l’industriale della seta Luigi Maccia e il sindaco di Milano, Giulio Belinzaghi, firmarono il 1 febbraio 1880 un manifesto per organizzare una esposizione. L’organizzazione fu data all’ing. Amabile Terruggia mentre l’area dell’esposizione venne data alla ditta Broggi e Castiglioni nel giugno del 1880. Dopo nemmeno un anno di lavoro, il 5 maggio 1881, alla presenza del re Umberto I e della regina Margherita, giunti appositamente da Roma, il ministro dell’Agricoltura Miceli, poteva inaugurare l’Esposizione di Milano. Come ha raccontato il compianto Guido Lopez, la mostra restò aperta per sei mesi, fino al primo novembre e fu vissuta con grande entusiasmo dalla città: eventi culturali e mondani si susseguirono per tutta la settimana d’apertura e nei mesi successivi. Enorme successo ebbe la Grande Lotteria, che vendette 2 milioni di biglietti, contribuendo in modo determinante a finanziare il progetto. Tutta l’esposizione fu pensata per attirare visitatori: vennero allestiti bar, ristoranti e ampi spazi per il riposo nel verde del giardino pubblico.
Per l’evento, la città si dotò di un’importante novità: l’ippovia, una rete tramviaria a trazione animale che collegava diversi punti dei bastioni con il Duomo che in sei mesi vendette quattro milioni di biglietti, tanta era la curiosità rispetto a questa straordinaria innovazione. Ma non fu la sola: quattro anni dopo il primo esperimento di Piazza Duomo la Galleria Vittorio Emanuele venne illuminata con 25 lampade ad arco della Siemens, per una potenza complessiva di 20.000 candele. Fu uno spettacolo meraviglioso, anche se il flusso luminoso non era costante ed ogni otto ore bisognava sostituire i carboncini delle lampade. L’Expo di Milano del 1881 fu un evento straordinario per l’Italia dell’epoca. Parteciparono oltre 7000 espositori provenienti da tutta Italia (2872 dalla Lombardia, 835 dalla Toscana, 2 dalla Basilicata) e fu visitata da oltre un milione di persone, con punte di 25.000 visitatori al giorno. Segnò la nascita dell’Italia industriale che, seppure tra numerosi ritardi e mancanze, prima fra tutte l’assenza di materie prime, con questa esposizione fece per la prima volta capolino tra le potenze europee con la sua capacità tecnica, il suo contenuto di innovazione. Fu una sorpresa prima di tutto per noi, (neo)italiani. Lo stesso pubblico si meravigliava di fronte alla presenza di un’industria italiana, attiva nel settore della meccanica e delle grandi macchine, si fermava davanti al recinto della Pirelli per vedere come si produceva il caucciù, ammirava il gigantesco padiglione della ditta Elvetica, la futura Breda, che produceva motrici e grandi macchine utensili, quello dell’Ansaldo, della Fratelli Orlandi, della Fonderia Pignone. I visitatori apprendevano che in Italia si producevano locomotive a vapore, vagoni ferroviari, turbine, che l’Italia addirittura esportava ferri chirurgici, che era milanese una delle più grandi fabbriche europee di bottoni.
Nella grande area espositiva c’erano tutti: i produttori di liquori Branca, Buton, Campari, Cinzano, Martini & Rossi, i birrai Metzger, Poretti, Wurher, il panforte Sapori e il pandoro Melegatti. Tutti volevano le medaglie, d’oro o d’argento, per poterle esporre con orgoglio sulle loro etichette.
Per sei mesi tutta la stampa italiana non parlò d’altro che degli avvenimenti milanesi, incoronando Milano “capitale economica” d’Italia, ruolo che, da allora, le è rimasto.
L’Esposizione, forse più di molte, importanti battaglie, segnò l’ingresso dell’Italia tra le nazioni europee. Ed è stata la sua capacità di creare, di innovare, a rendere il paese forte e capace di essere, da allora, protagonista sulla scena mondiale.
Antonio Cianci
Consigliere per la diffusione dell’innovazione dell’on. Ministro Renato Brunetta Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione
Tratto dal cap. 3 del libro “L’Italia dei 1000 innovatori”,
A. Cianci – D. Giacalone, ediz. Rubbettino

Per contattare la redazione di Innovareweb :
Via Spadolini 7, 20141 – Milano
Tel. +39 02 864105