Le questioni valutarie, i livelli di rating sul debito, non esprimono il reale valore del paese, che, pur appesantito da un grande debito pubbico, è tra quelli che sta contenendo meglio il deficit ed è tra quelli che hanno una più elevata potenzialità di crescita. Occorre però creare le condizioni perchè questa possa svilupparsi.
L’Italia può tornare ad essere una grande protagonista, grazie alla ripresa dei mercati internazionali. Per molti paesi, come Cina, Russia, Brasile, l’Italia è il paese dove si vive meglio. E adesso che hanno smesso di sostenere il loro sviluppo solo con le esportazioni, ma che hanno cominciato a importare, il Made in Italy tecnologico e di qualità può trovare in questi paesi il suo mercato ideale di sviluppo.
L’industria italiana ha dimostrato una buona capacità di reazione alla crisi, ma non in modo generalizzato: hanno subìto minori riduzioni di domanda e redditività le imprese che sono state in grado di attuare processi virtuosi di ristrutturazione prima del 2008, facendo leva sull’innovazione, per poi far fronte alle difficoltà dei mercati tradizionali riposizionando le proprie azioni commerciali ed investimenti verso mercati a maggiore crescita.
L’Italia, con le sue tanto vituperate nicchie, è un colosso del commercio internazionale. Si tratta di numeri importanti, in quanto il valore delle esportazioni italiane nel mondo si aggira attorno ai 460 miliardi di dollari.
Magari le esportazioni italiane si vedono meno, perchè non sono legate solo ai grandi marchi internazionali, come per la Germania, il Giappone e la Corea del Sud, però sono ai primi posti in molti mercati.
Una ricerca della Fondazione Edison, che si sviluppa attorno all’Indice Fortis-Corradini delle eccellenze competitive nel commercio internazionale (si tratta di un indicatore che misura il numero di prodotti in cui ciascun paese è primo, secondo o terzo esportatore mondiale) vede l’Italia leader in 1.022 nicchie d’eccellenza per un valore complessivo di 235 miliardi di dollari, pari alla metà del valore delle nostre esportazioni. In particolare il nostro paese è stato primo esportatore mondiale di 288 prodotti, per un valore complessivo di 100 miliardi di dollari, secondo esportatore di 382 prodotti, per un valore di 79 miliardi, e terzo esportatore di altri 352 prodotti, pari a 56 miliardi. La forza del “made in Italy” si completa con altri 737 prodotti in cui il nostro paese nel 2007 figurava quarto o quinto tra gli esportatori a livello mondiale, per altri 87 miliardi di dollari di export. Solo tre paesi (Germania, Cina e Stati Uniti) hanno fatto meglio dell’Italia nel 2007 in quanto a numero di primi, secondi e terzi posti nell’export mondiale. Questo è un dato da tenere sempre presente.
Ora, questi dati sono precedenti alla crisi mondiale, ma, fortunatamente, i dati del 2011 sull’andamento dell’export italiano verso i paesi extra Ue dimostrano che il made in Italy sta reagendo bene. Citando un ottimo esempio del prof. Fortis, si può dire che il commercio mondiale, come un aereo in un vuoto d’aria, è letteralmente precipitato nei primi due trimestri del 2009, perdendo oltre il 30% dei valori esportati rispetto al 2008 ma ora, sembra riprendere quota.
Secondo il rapporto Export 2010-2014 di Sace, dopo il calo del 20,9% registrato nel 2009, l’export italiano è tornato a crescere nel 2010 (+10,3%) e si prevede il pieno recupero dei valori pre-crisi per il 2013 quando le nostre esportazioni raggiungeranno il valore di oltre 500 miliardi di dollari.
La crisi ha rivoluzionato la geografia dei rischi e delle opportunità per le imprese e insieme ai mercati tradizionali dei prodotti made in Italy (Germania e Stati Uniti in testa, dove il nostro export continuerà a crescere) si stanno affiancano nuovi mercati.
I paesi che importeranno maggiormente i prodotti italiani sono in Asia, con la Cina in pole position, seguita da India, Indonesia e Malesia (tutte con incrementi superiori al 12%) e in America Latina, dove la parte del leone la fa il Brasile (+16,9%). Anche l’Europa emergente si dimostra un terreno di conquista per le esportazioni italiane, soprattutto Russia (+8,2%) e Turchia (+15,8%). In Nord Africa, superate le turbolenze dell’inizio del 2011, l’export italiano registrerà un +7,6%, trainato soprattutto dalla domanda tunisina mentre in Africa Sub-sahariana si segnalano invece le performance di Nigeria (+10%) e Sudafrica (+8,9%).
I nostri tassi di crescita sono simili a quelli della Francia e del Giappone, prima del disastroso terremoto di marzo. Sono inferiori solamente a quelli della Germania, che beneficia del forte aumento della produttività dell’industria manifatturiera avvenuto tra il 2002 ed il 2006 e che l’Italia deve recuperare, e degli Stati Uniti, che allo scoppio della crisi hanno puntato sull’export per ridurre il deficit della bilancia commerciale.
Abbiamo, inoltre alcuni asset importanti, che non vanno sottovalutati. L’Italia, nonostante alcuni gravi problemi che la penalizzano, come la grave dipendenza energetica dall’estero, il grande debito pubblico ereditato dal passato, il peso eccessivo della burocrazia e il divario Nord-Sud, solo per citarne alcuni, ha anche alcuni grandi elementi di forza. Spesso facciamo fatica a riconoscerlo, anche perché – in molti casi – l’informazione preferisce ricordare solo gli aspetti negativi del Paese. Ma anche perché noi italiani siamo sempre pronti a denigrarci.
Eppure, secondo uno studio pubblicato a ottobre 2010 dal Credit Suisse Research Institute, l’Italia è uno dei paesi in cui le famiglie sono tre le più ricche. Il nostro paese, che non ha né fonti di energia, né materie prime, è ricco perché è un paese manifatturiero che ha una forte capacità di innovare, ha una grande capacità di risparmio e i suoi cittadini sono per la maggior parte proprietari di case. Secondo questo studio, il paese che vanta la ricchezza delle famiglie più diffusa è la Norvegia, mentre il secondo è l’Australia. Fino a qui nulla di particolare. Si tratta di due nazioni particolarmente fortunate: la prima è uno dei principali produttori mondiali di petrolio, la seconda è la sede delle principali miniere del mondo. La sorpresa arriva quando si arriva al terzo posto. Il terzo paese è infatti l’Italia! Nel 2010 la ricchezza mediana per adulto (di quell’individuo, cioè, che divide esattamente in due la popolazione adulta) nel nostro paese è pari a 115mila dollari (contro i 157mila della Norvegia e i 124mila dell’Australia).
Ma non è l’unico indicatore che vede l’Italia in testa. L’Italia è anche il paese, tra quelli del G-7, le cui famiglie hanno meno debiti. Nella classifica dei debiti delle famiglie, l’Italia è la più virtuosa, avendo il più basso debito medio per adulto, pari a 21.800 dollari, contro i 30.400 dei tedeschi, i 32.300 dei francesi, i 41.600 degli inglesi, i 41.700 dei giapponesi, i 55mila dei canadesi e i 60.500 dollari degli americani. Questo vuole dire che i tedeschi hanno, in media, una volta e mezzo i nostri debiti, mentre gli americani hanno, sempre in media, tre volte i debiti degli italiani. I calcoli del Credit Suisse sull’Italia mettono in evidenza una delle ragioni, insieme al rigore sui conti pubblici voluto dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per cui il nostro Paese ha dimostrato di essere più robusto e coeso di molti altri.
Oggi l’Italia, dopo la crisi del 2008, può tornare ad essere protagonista, come lo è stata in passato, e anche più di allora. Oggi l’Italia, che ha tanti problemi interni, può trovare nei mercati internazionali quello sbocco di cui hanno bisogno le sue imprese.
Tratto dal libro “L’Italia del 1000 innovatori”
Antonio Cianci, Davide Giacalone -Ed. Rubettino, 2011
Antonio Cianci
Consigliere per la diffusione dell’innovazione
dell’on. Ministro Renato Brunetta,
Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione
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