Le opportunità del XII Piano quinquennale cinese
Il Congresso Nazionale del Popolo ha approvato, nello scorso mese di marzo, il XII piano quinquennale (2011-2015). Il piano quinquennale è il documento con cui si definiscono le linee strategiche che il governo cinese dovrà seguire nella definizione delle sue politiche di dettaglio. È un documento molto importante perché traccia, al di là dei formalismi burocratici, il modello di sviluppo del paese per i prossimi cinque anni.
Il documento, che è stato discusso dai vertici del partito, è importante non solo per la Cina, ma per tutti i paesi del mondo, in quanto conterrà il nuovo modello di sviluppo che la Cina intende darsi, non solo per i prossimi cinque anni, ma per gli anni a venire. In pratica quello che i delegati del Congresso hanno approvato in modo formale è il cambiamento del modello di sviluppo cinese, che si trasformerà da quello attuale, basato su produzione industriale, esportazione e investimenti in infrastrutture verso un nuovo modello, basato principalmente sulla crescita della ricchezza della popolazione e sulla conseguente crescita dei consumi interni.
Non è cosa da poco: si tratta di un cambio di rotta importante, con conseguenze per tutto il mondo. Il piano, fortemente voluto dal premier Wen Jiabao, prende il via dalla analisi e dalla comprensione dei problemi della crescita cinese, descritta dallo stesso Wen nel 2006 come instabile, sbilanciata, scoordinata e, in ultima analisi, insostenibile. Questi temi sono rimasti per lungo tempo nascosti nel dibattito politico cinese e visti principalmente come temi di natura teorica.
La crescita vorticosa dell’economia, i grandi capitali che affluivano dall’estero grazie alle cospicue vendite di prodotti made in China, hanno per lungo tempo nascosto le debolezze del modello di sviluppo cinese. La crisi del 2008, però, ha reso subito evidente come fosse necessario cambiare, anticipando alcune delle scelte che oggi sono formalizzate nel XII Piano.
In estrema sintesi, il XII Piano Quinquennale rende operativo il cambio di modello di sviluppo dell’economia, introducendo tre importanti iniziative.
Per prima cosa la Cina deve aumentare il numero dei lavoratori. Anche se gli occidentali restano impressionati dalla dimensione delle fabbriche cinesi, l’industria manifatturiera sta cominciando a soffrire di grandi sacche di disoccupazione. Inoltre la necessità di realizzare prodotti di qualità maggiore sta portando le imprese a introdurre tecnologie e modelli produttivi moderni che richiedono minore manodopera. Il modello “tanti lavoratori poco qualificati” si sta trasformando in “pochi lavoratori tanto qualificati”. Questo è accentuato dall’attenzione che la Cina sta ponendo nei confronti delle nuove tecnologie, soprattutto quelle legate all’ambiente e al risparmio energetico, che sono poco “labour intensive”.
Per aumentare il numero dei posti di lavoro, il XII Piano Quinquennale prevede di dare grande enfasi allo sviluppo del mercato dei servizi, dall’industria del retail, a quello della logistica, a quello della cura della salute, a quello dei servizi per gli anziani (numerosissimi in Cina), a quelli del leisure e del turismo.
Nelle intenzioni del governo cinese, questo cambiamento, oltre a dare più lavoro, porterà anche vantaggi dal punto di vista ambientale, in quanto si tratta di professioni meno invasive dal punto di vista dell’impiego di risorse naturali e della produzione di agenti inquinanti.
La seconda azione prevista dal piano è quella relativa all’aumento dei salari, soprattutto per gli abitanti delle zone rurali, ancora oggi molto povere. Tra le riforme sono previsti incentivi fiscali, misure per diffondere la proprietà dei terreni tra i contadini, e progetti per aumentare la produttività e la resa dei terreni. A questo si aggiunge la necessità di invertire lo spopolamento delle campagne che ha visto tassi di migrazione di 15/20 milioni di persone verso le grandi città negli ultimi dieci anni. Occorre rendere l’attività agricola più remunerativa, per evitare fenomeni di spopolamento della campagne e relativo impoverimento collettivo (già oggi la produzione agricola cinese non basta per coprire i fabbisogni alimentari della popolazione). Queste due misure, che si possono sintetizzare con “meno operai, più colletti bianchi” e con “salari più alti per i contadini”, da sole non bastano però per comprendere la enorme portata del XII Piano nei confronti delle economie di tutto il mondo. Se da tempo si favoleggia sui cinesi ricchi e sui consumi cinesi, questa volta tutto questo fa parte di un documento ufficiale del governo. La terza azione prevista dal governo è infatti volta ad aumentare i consumi della classe media.
Le conseguenze sulle altre economie mondiali
Oggi la maggior parte del reddito delle famiglie cinesi viene messo da parte per fare fronte a tempi peggiori. In Cina infatti non esiste una rete di previdenza sociale e di assicurazione per i cittadini come, ad esempio, in Italia. Per cui buona parte dei guadagni viene risparmiato per le eventualità della vita (una malattia, una invalidità, semplicemente per la vecchiaia). Questo grande risparmio (che tra parentesi costituisce una delle principali forze cinesi che, grazie a tutti questi capitali, possono oggi permettersi di investire comprando debito pubblico occidentale in grandi quantità), toglie però liquidità all’economia cinese. In pratica i cinesi lavorano, vendono all’estero, mettono i soldi da parte e li prestano agli stranieri per comprare di nuovo i loro prodotti. Così facendo, però, adesso che i consumi delle economie più ricche sono diminuiti il modello non funziona più bene come prima. Inoltre, in questo modo, girano pochi soldi in Cina e il mercato interno non riesce a decollare. Per questo motivo, unito alla necessità di dare sostegno alla popolazione, si comincerà – seriamente, non solo sulla carta come è stato in molti casi fino ad oggi – a creare una rete di assistenza sociale, in modo da permettere alle famiglie di rivolgere agli acquisti una porzione maggiore del loro reddito.
Questo cambiamento, come ha notato Stephen Roach, capo economista di Morgan Stanley, porta a modificare la struttura del Pil cinese, dove oggi i consumi sono poco più del 35%, per arrivare attorno al 45% per il 2015.
Il lato preoccupante per i paesi che pensano di sostenersi usando i prestiti cinesi, Stati Uniti in testa, è che in questo modo si ridurranno i capitali usati oggi per investire in debito pubblico occidentale. Il lato interessante è che finalmente si apre davvero il mercato.
Questo può essere una grande occasione per i partner commerciali della Cina, tra cui il nostro paese. Il XII Piano Quinquennale potrebbe veramente essere il più grande incentivo al consumo della storia.
Per le economie che stanno uscendo dalla crisi difficilmente si potrebbe volere di più. E per l’Italia è davvero una occasione d’oro.
Infatti, mentre fino a ieri la Cina voleva cose che l’Italia non ha più, principalmente industria pesante, e la parte del leone l’hanno fatta gli americani, i tedeschi, i coreani e i giapponesi, oggi il nuovo piano quinquennale sembra essere scritto proprio per il nostro paese.
Sui servizi siamo bravissimi, la nostra agricoltura e tra le più moderne del mondo, sui beni di consumo, in alcuni settori, siamo i leader.
Cosa attendere?
Il quadro istituzionale è favorevole. Lo scorso ottobre il premier cinese Wen Jiabao ha firmato con il governo italiano un accordo per portare lo scambio commerciale italo – cinese a 80 miliardi di dollari per il 2015.
Dopo il successo di Italia degli Innovatori a Shanghai lo scorso anno, è stato inaugurato ad aprile dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione della Presidenza del Consiglio, un centro di scambio tecnologico a Pechino. Si tratta di un centro vero, con uffici in altre citta cinesi, costituito appositamente per aiutare le imprese italiane a trovare partner commerciali e industriali in Cina, centro che lavorerà con Ice – Istituto del Commercio Estero e l’ambasciata italiana per creare il migliore ambiente possibile per lo sviluppo delle imprese.
Oggi è concretamente il turno dell’Italia che, se gioca bene le sue carte, può fare in Cina, nei prossimi cinque anni, quello che hanno già fatto Germania e Francia dal 2000 ad oggi.
Antonio Cianci
Consigliere per la diffusione dell’innovazione
dell’on. Ministro Renato Brunetta
Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione

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