L’attuale congiuntura economica porta necessariamente ad una riflessione sul sistema economico friulano, sul posizionamento delle aziende e sulle future prospettive di sviluppo.
Il costante monitoraggio dell’andamento della piccola e media industria, in termini di produzione, fatturato e ordinativi, rileva il perdurare di una situazione di sostanziale stasi, con previsioni di chiusura del semestre in corso non propriamente ottimistiche.
L’analisi che traccia il Presidente dell’Associazione Piccole e Medie Industrie di Udine, Massimo Paniccia – nel breve e medio termine non può portare ad essere particolarmente ottimisti perché la piccola e media industria, anche in questa flessione economica, sta mantenendo la sua posizione nel mercato. In ogni azienda c’è qualcosa di positivo e di buono e alla fine, specie nella realtà di dimensioni più contenute il maggior impegno dell’imprenditore e dei suoi collaboratori in termini di ore lavorate e di contenimento dei costi consente di stare sul mercato.
Negli ultimi anni – spiega il Presidente Paniccia – gli imprenditori hanno avviato percorsi di crescita, volti ad individuare le migliori strategie da seguire per lo sviluppo e il consolidamento sui mercati ed hanno trovato una risposta nella strutturazione delle aziende e nell’aggregazione e questo costituisce un elemento di forza per affrontare una congiuntura sfavorevole.
La forza di un sistema economico e di un paese come l’Italia, che non può più crescere per linee interne, non può che essere l’export. Esistono dei processi ineluttabili, è il progresso economico che porta a continui cambiamenti, al di là della crisi.

La sfida per il modello di 6 milioni di imprenditori è il sapere evolversi anticipando il necessario ed imprescindibile cambiamento. Il sistema paese è caratterizzato da 2 milioni di aziende individuali e già questo è un dato estremamente significativo. Lo sforzo come imprenditori, insieme alle Istituzioni economiche, politiche, alle Associazioni di categoria, deve portare ad unire le forze per creare aziende con capacità di sviluppo, e ad una ristrutturazione del sistema che prenda decisamente atto che senza un forte cambiamento non ci sarà futuro.
La visione di lungo periodo, infatti, è più incerta, prosegue Paniccia. Se si sposta il ragionamento sui sistemi paese non si può non leggere un futuro fatto di forze economiche importanti: gli Stati Uniti, il Giappone, altre che stanno emergendo sempre di più come l’India, la Cina, con una crescita internazionale trainata prevalentemente dall’Area asiatica. Questi paesi raggiungeranno tassi di crescita considerevoli e quando questa competizione interesserà l’Italia il sistema impresa si dovrà impegnare, e non poco, per mantenere la sua tipica fascia di mercato.
Dall’indagine congiunturale condotta dall’Associazione Piccole e Medie Industrie di Udine in collaborazione con Confapi – spiega il Presidente Paniccia – su un campione di 217 imprese della provincia dalle previsioni del semestre in corso, non si percepisce ottimismo, in quanto va registrata una sostanziale stabilità che non può considerarsi rassicurante.
La propensione ad investire è ancora troppo debole e più della metà delle aziende intervistate non ha prospettive di investimento nell’immediato.
Resta alto il ricorso al sistema del credito per sopperire al fabbisogno finanziario, sebbene si denoti finalmente un certo spostamento del ricorso del debito a breve al debito a medio/lungo termine favorito, peraltro, dalle politiche anticrisi poste in atto dallo Stato e in particolare dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, e che, comunque, rivela una più accorta strutturazione del debito delle imprese. Cresce, ma di poco, il ricorso all’autofinanziamento a testimonianza della perdurante sottocapitalizzazione delle imprese minori locali.
La piccola e media impresa friulana – conclude il Presidente Paniccia – dimostra ancora capacità di tenuta, ma una svolta sarà possibile solo se tutti i principali attori dell’economia, della politica e della finanza coordineranno i loro sforzi con unità d’intenti, che ad oggi deve essere ancora perfezionata. Ciò vale, ad esempio, per quegli strumenti anticiclici, che si sono rivelati utili, ma il cui funzionamento non è omogeneo e che per alcuni tarda ad entrare a regime.
Restano, inoltre, le criticità di sistema, quali la debole patrimonializzazione delle imprese, l’attenzione del sistema bancario di fronte alle incertezze economiche e un sistema burocratico poco reattivo e poco sensibile alle politiche anticrisi che si è cercato di attivare.

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