Marcel Bisi, presidente della Pro Verzasca, ha un problema. Una mattina dello scorso mese di giugno, si presenta alla SUPSI (Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana) e racconta della lana e delle sue infinite proprietà ed applicazioni. Spiega come le greggi delle valli ticinesi e, in particolare, della Val Verzasca, collocata a nord del Lago Maggiore, ne producano alcune decine di migliaia di chili, poi interamente smaltiti come rifiuto o addirittura bruciati. Infatti, gli allevatori e i contadini locali, che realizzano artigianalmente pregiati capi d’abbigliamento ed oggetti in feltro, trovano più conveniente acquistare lana neozelandese anziché trasformare quella prodotta dalle loro pecore, oggi allevate principalmente per la produzione di latticini. Racconta come questo modo di operare non sia proprio solo della Val Verzasca, ma anche di altre zone in Svizzera (val di Poschiavo) e in Italia (valli bergamasche). Saliamo in auto e ci dirigiamo all’estremità settentrionale del Lago Maggiore. Passando accanto alla diga di Mergoscia (nota anche per essere stato set di scene mozzafiato in 007-Golden Eye), ci si inoltra in Val Verzasca. È una tipica valle alpina che ha mantenuto intatto il proprio fascino grazie alla rispettosa integrazione della presenza umana nella natura. L’omonimo fiume solca la vallata con un profondo orrido prima di trovar pace nel lago artificiale di Vogorno e intervalla brevi cascate a bacini d’acqua limpida (e freddissima!) dove impavidi bambini zurighesi amano tuffarsi sin dai primi giorni di maggio. Arrivati in cima alla valle, dove termina la carrabile, troviamo un affascinante villaggio, ordinato e ben curato. Si tratta di Sonogno, piccolo borgo oggi scarsamente popolato, se non nei mesi estivi (conta poco più di 70 residenti, alcuni dei quali domiciliati all’estero). Al centro del villaggio, in un immobile messo a disposizione dal Comune, troviamo la “Casa della Lana”, una sorta di laboratorio artigianale con macchine per la filatura, vasche di tintura, un magazzino pieno di sacchi di lana filata e tinta con colori naturali ed un negozio tra il tradizionale ed il turistico, che espone indumenti ed oggetti artigianali, ovviamente in lana.
Il “cruccio” dei contadini e della Pro Verzasca, associazione nata per tutelare e promuovere le attività artigianali della valle, deriva dal fatto che per produrre tali oggetti viene utilizzata materia prima importata, solitamente già lavata, dalla Nuova Zelanda, nonostante le tre valli ticinesi garantiscano una produzione di più di 10.000 chilogrammi di lana all’anno. Parlando con gli allevatori, emerge come siano tre i motivi principali che portino a propendere per l’acquisto anziché l’utilizzo della lana ticinese.
a) Lavaggio
Per ottenere lana di buona qualità è necessario effettuarne il lavaggio, fase più critica dell’intero processo, con impianti industriali ad elevate prestazioni (il lavaggio manuale non permette l’eliminazione di tutto il materiale indesiderato e la lana così ottenuta risulta di scarsa qualità). Gli impianti di lavaggio oggi esistenti sono in grado di trattare volumi di lana nemmeno lontanamente paragonabili a quelli ticinesi (in pratica: l’intera produzione di lana del Ticino viene lavata in un solo giorno presso una “pettinatura” tradizionale): è quindi impensabile dotarsi di un impianto di queste dimensioni, sia per il suo costo, sia per l’impatto ambientale che ne deriva. Effettuare tale processo conto terzi comporta però costi piuttosto elevati (superiori rispetto a quelli d’acquisto della materia prima già lavata dalla Nuova Zelanda).
b) Stoccaggio
Raccogliere da un territorio moderatamente ampio (le tre valli ticinesi coprono circa 2.000 km2) ed immagazzinare la lana tra una fase e la successiva, comportano costi di logistica piuttosto elevati, con una necessità di coordinamento organizzativo che richiede il coinvolgimento di personale dedicato.
c) Volumi
La lana trasformata deve essere venduta. Attualmente vengono acquistati quantitativi di materia prima proporzionali al mercato che si stima di avere nell’anno o nel semestre successivo. Qualora si utilizzasse lana locale, diventerebbe necessario garantire volumi di vendita sostanzialmente costanti nel tempo, con una diversificazione dei mercati e dei campi d’utilizzo tale da consentire l’abbattimento del rischio di invenduti.
Raccolte queste informazioni ed effettuato uno studio di fattibilità, i ricercatori SUPSI hanno sviluppato e promosso un nuovo progetto di ricerca denominato “Wool_TI”. L’obiettivo perseguito è la realizzazione di un Polo ticinese per la lavorazione della lana, dotato di un processo produttivo tecnicamente valido, integrato e sostenibile, ossia in grado di trattare in modo economicamente vantaggioso piccoli volumi di lana prodotti localmente, di ben integrarsi con l’ambiente circostante e di contribuire a mitigare l’abbandono delle aree alpine da parte delle giovani generazioni. È un programma ambizioso? Probabilmente sì… come ogni attività di ricerca che si rispetti, è infatti fondamentale che si riesca a compiere un passo aldilà dell’attuale stato dell’arte. Trattandosi di un problema complesso e multifattoriale, gli ingegneri SUPSI hanno deciso di affrontarlo scomponendolo in tre livelli:
– tecnico-impiantistico, sviluppando un nuovo impianto di lavaggio semi-automatizzato e di piccole dimensioni, che replichi i processi ed i trattamenti della macchina continua presente nella Pettinatura di Romagnano (vicino a Biella, dove sono già stati fatti diversi sopralluoghi e che contribuirà attivamente al progetto), dimensionato per i volumi di materia prima caratteristici del Ticino;
– logistico, con l’ottimizzazione dei flussi di materia prima dagli allevatori all’impianto di lavaggio e tra esso e le fasi di lavorazione a valle, con costi marginali (per kg di materia prima trasportata) ridotti al minimo ed un’organizzazione snella ma robusta;
– strategico/commerciale, fornendo garanzie di un’equa distribuzione dei benefici lungo l’intera filiera, l’individuazione di mercati di sbocco eterogenei ed interessanti per i prodotti realizzati e la definizione di un organismo di governo coerente con la realtà presidiata.
A che punto siamo? Un primo studio di fattibilità tecnica ha permesso di individuare due alternative tecnologiche interessanti per l’impianto di lavaggio: i ricercatori SUPSI hanno compiuto diversi sopralluoghi nell’impianto di Romagnano Sesia, approfondendone il funzionamento con il responsabile di produzione (che, come spesso accade, è l’unico detentore della gran mole di conoscenze – non strutturate – necessarie per garantire efficacia ed efficienza nel processo). Parallelamente, l’Ufficio Federale dell’Agricoltura svizzero ha concesso un contributo finanziario al team di progetto, composto da Pro Verzasca, SUPSI, Comune di Sonogno (dove avrà sede il “quartier generale” del Polo), federazione degli allevatori ticinesi, un’azienda meccanica e la già citata Pettinatura di Romagnano.
Un primo prototipo dell’impianto di lavaggio dovrebbe essere pronto per la fine dell’anno, mentre il pieno completamento di tutti i livelli del progetto è previsto per il 2013. Manifestazioni di interesse e sostegno di Wool_TI sono state raccolte sia in territorio svizzero sia in Italia, dove il problema della gestione della lana da parte delle piccole comunità alpine sembra molto più sentito di quanto possa sembrare. L’iniziativa è d’indubbio fascino, forse perché derivante dall’idea di proporre innovazioni tecniche e metodologiche in risposta ad esigenze di carattere socio-culturale, dove l’esprit de geometrie, la capacità di conoscere scientificamente, è chiamato in soccorso dell’esprit de finesse, il desiderio del cuore. Elemento cruciale sarà la capacità di preservare la perfetta combinazione tra uomo e natura della Val Verzasca, dove l’indicatore del successo del progetto saranno le grida in Schwyzerdütsch dei ragazzi in tuffo a coprire il blando suono meccanico della macchina di lavaggio di Sonogno.
M. Sorlini, P. Pedrazzoli, R. Longhi
SUPSI-ICIMSI

Per contattare la redazione di Innovareweb :
Via Spadolini 7, 20141 – Milano
Tel. +39 02 864105