Di Matteo Malosio, Gianluigi Reni
MindBot – Si chiamano cobot e sono i robot che collaborano con l’uomo: sono già una realtà nell’industria 4.0 e con i loro partner umani condividono spazi di lavoro e mansioni. Sinonimo di innovazione tecnologica e digitale, sono colleghi di lavoro autonomi, capaci di interagire per svolgere attività in modo collaborativo. Fin qui tutto bene. Ma quali conseguenze l’uso della robotica potrebbe generare sulla motivazione e sul benessere dei lavoratori? Quali sfide sociali attendono il mondo delle piccole e medie imprese e dell’industria? Come far sì che la parte più vulnerabile della forza lavoro – cioè l’uomo – sia tutelata dal punto di vista della salute mentale?
È da questi interrogativi che è nata l’idea del progetto MindBot (Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0), finanziato nell’ambito di Horizon 2020. MindBot mira a identificare metodi e implementare soluzioni per promuovere la buona salute mentale nell’emergente industria 4.0 nel contesto specifico delle piccole e medie imprese manifatturiere (PMI) che adottano robot collaborativi (cobot) nelle loro linee di produzione.
Il progetto ambisce a realizzare luoghi di lavoro in cui il livello di sfida e la difficoltà delle attività lavorative siano abbinati alle abilità e allo stato psicofisico dei lavoratori, in modo flessibile, dinamico e personalizzato. Ciò al fine di facilitare un atteggiamento attivo e positivo del lavoratore, in grado di promuovere una buona salute mentale e prevenire esperienze negative di ansia o noia e apatia che possono portare a malattie mentali.
Per ottenere questi risultati, è previsto lo sviluppo di modelli di impiego lavorativo adeguati alle capacità delle singole persone. Una particolare attenzione viene anche dedicata ad individuare soluzioni e paradigmi per l’impiego di soggetti con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, che si ritiene possano avere grandi opportunità lavorative nell’ambito dell’industria che utilizza cobot.
Dal punto di vista tecnico, l’obiettivo di ricerca è lo sviluppo di una piattaforma robotica collaborativa in grado di modificare la propria azione, promuovendo un’interazione uomo-robot positiva e migliorando l’esperienza lavorativa dell’operatore. Oltre alla piattaforma robotica si studiano tutti i fattori, ambientali, tecnici, organizzativi, economici, umani, che sono potenzialmente impattanti sulla salute mentale del lavoratore e che insieme contribuiscono alla definizione di un modello occupazionale.
Proprio per tenere conto di tutte queste molteplici sfaccettature, MindBot si basa su un approccio profondamente multidisciplinare. Il partenariato di MindBot si avvale così di esperti in psicologia, organizzazione aziendale, riabilitazione, interfaccia cobot-operatore umano, intelligenza artificiale, sensoristica wearable, oltre a una delle maggiori aziende europee produttrici di robot e a un Ministero del lavoro.
In dettaglio, oltre al coordinatore IRCCS Medea, partecipano al progetto l’Università degli Studi di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato – STIIMA), l’impresa belga Biorics NV, il centro di ricerca sull’intelligenza artificiale tedesco DFKI, l’Università croata di Rijeka, l’azienda tedesca produttrice di robot Kuka, l’Università tedesca di Augsburg e il Ministero del lavoro croato.
Questo approccio integrato consente di esplorare aspetti tecnologici, relazionali e organizzativi del lavoro, utilizzando indicatori soggettivi e oggettivi che si basano su misure di autovalutazione e sensori. Si giunge così a identificare fattori di protezione e di rischio per la salute mentale durante l’attività con i cobot. Gli stessi fattori vengono analizzati nel loro complesso applicando modelli derivati dallo studio di sistemi sociotecnici, cioè costituiti da elementi sia tecnici che umani. Si tratta di sistemi tipici delle moderne aziende che applicano i principi dell’industria 4.0, in cui è particolarmente elevata l’interconnessione tra tecnologie e fattori umani ed ergonomici. Il modello utilizzato nel corso del progetto è denominato SHELLO (Software – Hardware – Environment – Liveware – Liveware – Organization), a partire dagli elementi di cui è costituito e di cui studia le interazioni. Per software si intendono le regole che disciplinano le attività, incluse procedure e codici computazionali; l’hardware riguarda invece gli elementi fisici dell’ambiente; l’environment (ambiente) descrive il luogo fisico in cui si verificano le attività. Le persone che interagiscono costituiscono il liveware, ed infine sono considerati anche gli aspetti più organizzativi. L’applicazione di questo modello permette una visione completa che facilita le fasi di sviluppo tecnico del nuovo cobot, ne agevola l’introduzione in azienda e consente di valutarne gli effetti positivi e negativi.
Nel progetto sono coinvolte in qualità di ricercatori anche persone affette da disturbi dello spettro autistico, grazie a precedenti esperienze di ricerca svolte dall’IRCCS Medea con la loro collaborazione. Da un lato queste persone contribuiscono a studiare e a suggerire come migliorare i meccanismi di interazione dei cobot, dall’altro partecipano ai test finali di validazione. Il loro contributo è particolarmente importante per capire come relazionarsi in modo migliore con i nuovi cobot, anche per chi non sia affetto da alcun disturbo.
I principali risultati attesi si sviluppano su tre fronti: 1) la definizione di linee guida organizzative per la progettazione di un ambiente di produzione basato sul cobot in grado di promuovere la salute mentale dei lavoratori; 2) lo sviluppo di indicazioni tecniche per la progettazione di un cobot “amico della salute mentale” e la realizzazione del prototipo di MindBot; 3) la definizione di un modello occupazionale per le persone con diagnosi di disturbo dello spettro autistico che lavorano nelle piccole e medie imprese manifatturiere che adottano cobot.
All’interno del progetto MindBot è in fase di sviluppo in questo periodo un’architettura di controllo in grado di adattarsi all’interazione con l’operatore, in modo tale da adattare la collaborazione uomo-robot in celle produttive alla qualità dell’esperienza percepita dall’operatore. È noto infatti come la distanza del cobot dall’operatore e la velocità di movimento siano due dei parametri che possono influire sulla percezione dell’interazione ed il livello di stress dell’operatore. È noto anche come le informazioni fornite all’operatore durante l’esecuzione del compito possono produrre prestazioni più elevate, ma la quantità di dati e la forma di comunicazione possono avere un effetto negativo sulla salute mentale e devono essere opportunamente selezionate.

Obiettivo è offrire all’operatore un’esperienza caratterizzata da aspetti sociali ed empatici, anche in scenari industriali. Per raggiungere questo obiettivo, la piattaforma robotica include sia un braccio robotico collaborativo che un Avatar virtuale interattivo. Questa funzionalità consente di arricchire l’interazione tra lavoratore e cobot, aggiungendo alla piattaforma funzionalità di sguardo, gesti e conversazione, con modalità di interazione fisica, visiva e vocale. Il sistema è finalizzato al raggiungimento di alti livelli di integrazione tra il cobot e l’avatar, in modo che quest’ultimo possa essere considerato la rappresentazione del robot in forma grafica e umanoide, affinché il lavoratore percepisca l’interazione con un’unica entità.
A tal fine, i comportamenti del Cobot e dell’Avatar sono coordinati da un modulo denominato Orchestrator. Questo modulo conosce il compito da svolgere e l’organizzazione dei sottocompiti tra il lavoratore e il cobot. Esso è in grado di inviare informazioni per controllare il cobot e l’avatar in modo coerente, controllando parametri quali l’affidabilità o la dominanza per l’Avatar, e i parametri di movimento e la distanza dall’operatore per il Cobot.
Il controllo avviene in modo tale che il comportamento della piattaforma MindBot sia adattato allo stato mentale del lavoratore, al fine di ridurre al minimo le esperienze negative, come tensione psicologica o noia.
Lo stato mentale del lavoratore è dedotto dal blocco User Model. Ciò consente la modellazione cognitiva degli stati affettivi del lavoratore e delle strategie di regolazione, elaborando i fattori di stress collegati al focus mentale o ai dati sullo stress. Per fare ciò, è necessaria una vasta gamma di informazioni eterogenee, che vanno dall’energia fisica e mentale ai dati psicologici e sociali. A tal fine, i dati grezzi vengono raccolti da sensori e questionari e quindi elaborati dal modulo Interpreter. In particolare, vengono utilizzati quattro tipi di segnali, volti a fornire una rappresentazione complessiva del lavoratore:
- segnali biomeccanici, per valutare lo stress fisico e la fatica dell’operatore;
- segnali fisiologici, per stimare l’energia mentale utilizzata per svolgere un compito;
- segnali sociali, per stimare lo stato affettivo dell’utente durante l’esecuzione di un compito;
- informazioni psicologiche, per inferire la qualità dell’esperienza percepita dall’operatore.
Dopo la fase di interpretazione, l’elenco delle informazioni fornite al blocco User Model include ma non è limitato a: potenza articolare, dispendio energetico fisico e fatica, utilizzo e recupero dell’energia mentale, livello di concentrazione, livello di stress, livello di noia, qualità di esperienza e livello di impegno dell’operatore.
Il progetto, nel suo insieme, è un esempio di alta tecnologia al servizio della persona.

MindBot – Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0 – è un progetto collaborativo che ha ricevuto finanziamenti dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea, nell’ambito del Grant Agreement n. 847926. La partnership internazionale, coordinata dall’IRCCS E. Medea, conta sul contributo di altre realtà scientifiche
italiane, come l’Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato (STIIMA) del CNR e l’Università degli Studi di Milano, ed europee, come il centro di ricerca tedesco DFKI sull’intelligenza artificiale, Kuka AG, l’Università di Augsburg, Biorics NV, l’Università croata di Rijeka, e il Ministero del lavoro croato.

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