Aprendo i propri uffici in Italia (a Milano) nel 2007, Staufen si è posta come obiettivo principale quello di supportare le aziende italiane portando il metodo “tedesco”, affidabile, preciso e puntuale, in un mercato sempre più alla ricerca di rassicurazioni e di strumenti per superare la crisi.
È in questo contesto che entra in gioco la Lean Enterprise, un vero e proprio stato dell’essere e non solo del fare, che richiede logiche diverse da quelle classiche e il coraggio di rompere con il passato; in poche parole, il lean è una filosofia organizzativa arrivata dal Giappone che punta a eliminare ogni tipo di spreco aziendale e si focalizza su rapidità ed efficienza.
Lo scorso giugno abbiamo avuto l’occasione di intervistare Giancarlo Oriani, socio e amministratore unico di Staufen Italia; abbiamo quindi potuto approfondire alcuni dei temi caldi del momento, nonché mettere in luce le caratteristiche principali dell’azienda.
Avendo Staufen partecipato a TECO 2015, può darci un giudizio su quest’ultima edizione? E in che modo l’azienda ha affrontato la fiera?
«Abbiamo voluto partecipare a TECO in quanto si tratta di un evento piuttosto ampio e importante, in grado di dare la possibilità di farci conoscere e di avere uno scambio di idee con le altre aziende su quelli che possono essere i trend attuali e futuri dell’organizzazione aziendale, che è il nostro ambito di azione. Nel corso della fiera abbiamo potuto notare un buon numero di partecipanti e lo svilupparsi di alcuni dibattiti molto validi, soprattutto quello su Industria 4.0, per cui un’edizione senza dubbio positiva, a mio avviso».Watch Full Movie Online Streaming Online and Download
Quali novità avete presentato nel corso della fiera?
«Abbiamo presentato una ricerca condotta lo scorso anno dai nostri colleghi tedeschi su 140 aziende in Germania riguardo all’Industria 4.0. Tra gli elementi chiave emersi dallo studio, scopriamo in primo luogo che il livello di applicazione dell’industria del futuro è solo agli inizi; la stragrande maggioranza delle aziende intervistate sono infatti ancora nella fase in cui stanno cercando di capire il modo in cui effettuare la trasformazione. Secondo, l’implementazione è stata avviata per il momento solo nei magazzini, dove c’è movimentazione di merce, e in ambito di ricerca e sviluppo, mentre nelle altre aree è ancora del tutto completamente assente. Terzo, le aziende non sono assolutamente preparate come competenze ad un’evoluzione efficace e soddisfacente della smart-industry, e in Germania si dà la colpa alle stesse aziende che non hanno ancora iniziato a fare corsi d’informazione su queste tematiche. Altro elemento interessante è che sembra sfatare il mito secondo cui il ruolo del manager diventerà meno importante nel momento in cui si avrà un dialogo quasi esclusivo tra macchine. Anzi, la sensazione è esattamente contraria: nonostante il potere organizzativo si sposti sui macchinari, sarà sempre il manager a dover mettere in atto dei comportamenti di comunicazione interna che possa supportare questo cambiamento».
In che modo Staufen intende ‘fare innovazione’ e contribuire alle trasformazioni del momento?
«Abbiamo sposato questa filosofia del lean che ci permette di pensare in modo diverso all’organizzazione e all’interno dell’organizzazione stessa. Un esempio di ciò è riscontrabile nella volontà di considerare i problemi come un’occasione per migliorarsi. Tornando più sul tecnico, invece, troviamo l’individuazione e l’eliminazione di sprechi e tempi di attesa. Altro elemento fondamentale è la filosofia ‘pull’, che anziché fare programmazione della produzione permette di programmare solo l’ultima fase – quella del montaggio – per poi richiedere (‘pull’, tirare) il materiale per le fasi precedenti. Fulcro centrale dell’innovazione offerta da Staufen è quella, quindi, di adottare un vero e proprio ribaltamento di pensiero, abbandonando, così, la sequenza di produzione standard».
In che modo le aziende italiane possono diventare ancora più competitive nell’attuale panorama industriale?
«Le persone sono il vero capitale dell’azienda. Nel lean è fondamentale la trasparenza; tutti devono sapere quali sono i problemi, le informazioni vanno diffuse perché ci si possa migliorare. Sarebbe importante prendere l’abitudine di abbandonare i report e di adottare i controlli sul campo da parte dei manager, affinché sia possibile osservare in modo ravvicinato ed immediato. Ciò permette di scoprire dove sorgono i problemi, se presenti».
Un commento sul mercato italiano attuale rispetto agli scorsi anni.
«Mi pare di capire che non stia crescendo molto e che le poche aziende che vanno avanti sono quelle che cambiano radicalmente e in grado di imporsi sul mercato estero. Le aziende italiane, tuttavia, hanno spazi di recupero e competitività, e secondo noi possono migliorarsi applicando quest’ottica del lean, sfruttata ancora da pochi. I risultati sono stati finora significativi: l’innovazione è un processo sociale e l’Italia deve abbandonare l’immagine del genio creativo che – da solo, nel suo ufficio – produce idee rivoluzionarie. L’idea innovativa è, infatti, la trasposizione di un’idea già esistente da un contesto ad un altro grazie all’attivazione di reti sociali, come l’azienda stessa».

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