Fine anno, tempo di bilanci. Il Fapi, il Fondo per la formazione continua nelle piccole e medie imprese costituito da Confapi con CGIL, CISL e UIL, che arriva al traguardo del suo settimo anno di vita, si appresta a tirare le somme al termine di un biennio difficile, caratterizzato dalla crisi economica tuttora in corso.
I primi dati che ci pervengono, mentre scriviamo, dal versante dell’INPS, evidenziano una situazione di sostanziale tenuta. Considerando il tradizionale gap temporale di circa due mesi intercorrente tra la raccolta dei dati e la loro divulgazione, le cifre fornite dall’INPS sugli aderenti al Fapi, aggiornate al 17 novembre 2010 ci forniscono una fotografia attendibile in realtà solo fino a tutto il mese di settembre del 2010. Mancano pertanto i dati riguardanti le adesioni che si stanno registrando e si registreranno nell’ultimo trimestre dell’anno, tradizionalmente piuttosto fruttuoso in termini di nuove adesioni. Il sistema Fapi regge alla crisi.
Il saldo delle adesioni è tuttora positivo su base annua: il numero di imprese aderenti è aumentato del 3,4% dal dicembre 2009, mentre nello stesso periodo il numero degli addetti aderenti è aumentato dello 0,8%. Fapi continua a mantenersi attorno a una quota di circa 530.000 addetti aderenti per oltre 53.000 aziende associate, e continuano a registrarsi, mese dopo mese, costanti aumenti nel numero delle aziende che aderiscono al nostro Fondo, anche se vi sono incrementi minori nel numero degli addetti.
Da un punto di vista, per così dire macroeconomico, è evidente che ci troviamo di fronte a una tendenza generalizzata che colpisce l’intero sistema produttivo italiano. Aziende che chiudono i battenti, aziende che sfoltiscono gli organici, ricorso sempre più massiccio alla cassa integrazione, blocco del turn over; aziende che, infine, convertono i tradizionali contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato o determinato in contratti atipici o in collaborazioni a progetto – ed è noto che gli atipici e i co.co.pro. non versano lo 0,30% che alimenta i Fondi paritetici per la formazione.
Ma i nostri dati, se osservati con attenzione più in profondità, ci dicono anche qualcosa d’altro. Innanzitutto che la distribuzione geografica del fenomeno presenta notevoli disomogeneità. Vi sono regioni che sembrano crescere con una marcia in più.
Facendo riferimento al raffronto tra i dati al dicembre 2009 e quelli al settembre 2010, la Calabria cresce del 20,3% in termini di imprese e del 24% in termini di iscritti; le Marche fanno registrare un aumento del 10,1% quanto a imprese associate e un più 4,8% di lavoratori aderenti; la Campania cresce dell’ 8,3% in termini di imprese e del 7,6% in termini di iscritti; in Lombardia le imprese aumentano del 4,5% e i lavoratori del 2,4%; in Liguria troviamo un più 9,6% di imprese e un più 4,7% di lavoratori associati.
Stiamo parlando di regioni d’Italia molto diverse tra loro, da tutti i punti di vista. Calabria e Campania: regioni del sud fortemente colpite dalla piaga della disoccupazione e del lavoro irregolare, nelle quali comunque il Fapi continua a crescere; le Marche sono una regione tradizionalmente “stabile” nel mondo Fapi, pur se in sofferenza quanto a tenuta dei tradizionali distretti produttivi del made in Italy, eppure crescono; la Liguria è una regione in continua espansione dal punto di vista del Fapi, e il fenomeno non sembra arrestarsi; infine la Lombardia: polmone produttivo del Paese e come tale epicentro della crisi economica, regione che negli ultimi anni era rimasta sostanzialmente al palo in termini di adesioni al Fapi, e che proprio in questo momento difficile sembra mostrare segni di vitalità.
Complessivamente, una tendenza costante sembra accomunare le altre regioni, nelle quali aumentano le aziende associate anche se aumentano di meno, e in alcuni casi calano leggermente, i lavoratori aderenti: Toscana più 4,3% di imprese e più 1,8% di lavoratori; Umbria più 6,1% di imprese e più 1,3% di lavoratori; Abruzzo più 3,3% di imprese e più 0,4% di lavoratori; più dinamica la Sicilia: più 4,6% di imprese e più 3,6% di lavoratori; Veneto più 3,1% di imprese e meno 0,2% di lavoratori; Friuli Venezia Giulia più 1,7% di imprese e meno 3,7% di lavoratori; Piemonte più 0,6% di imprese e meno 1,1% di lavoratori. Infine il Lazio, positivamente in controtendenza, con un più 2,3% di imprese e un più 3,9% di addetti.
Purtroppo si registrano flessioni in Puglia (meno 4,1% di imprese e meno 3,4% di lavoratori) e in Emilia Romagna (meno 0,2% di imprese e meno 4,2% di lavoratori), e flessioni meno marcate in Basilicata (meno 0,1% di imprese e meno 0,8% di lavoratori) e in Sardegna (ferma quanto a numero di imprese ma con un meno 0,7% di lavoratori).
Lazio a parte, se l’aumento di aziende associate al Fapi e il minore aumento degli addetti interessasse tutta Italia, saremmo di fronte semplicemente alla riprova dell’esistenza di un fenomeno ormai noto: le aziende italiane, anche e soprattutto le piccole e medie, perdono lavoratori. Non è altro che una fotografia della crisi occupazionale che investe tutto il mondo occidentale.
Ma come spiegarsi, in questo panorama, gli exploit notevoli, di Calabria, Campania, Marche, Liguria, Lombardia? Regioni, lo ripetiamo, così diverse, così disomogenee?
Prima di azzardare una conclusione, esaminiamo un altro fenomeno; quello della mobilità tra i Fondi. Come è noto, le nuove normative consentono alle imprese di optare per l’iscrizione a un Fondo per la formazione continua diverso da quello originario di appartenenza, fatti salvi alcuni requisiti e alcuni passaggi formali stabiliti dal Ministero del Lavoro e dall’INPS.
Da questo punto di vista, una volta detto che il dato a settembre 2010 continua a mostrarci per il Fapi un saldo attivo rispetto ad altri fondi (aziende acquisite contro aziende cedute) di 54 aziende anche se con 4000 lavoratori in meno – e anche questo conferma la tendenza generale in atto – è anche in questo caso opportuno esaminare i dati disaggregati.
E’ confortante vedere che Fapi continua ad attrarre costantemente, anche in questo scorcio del 2010, aziende e lavoratori da altri Fondi concorrenti, di impianto ormai consolidato e di media dimensione, quali Fondartigianato, Fonter e Forte. Tuttavia, per converso, si nota una cessione, anche se non massiccia, di aziende e di lavoratori da Fapi a fondi più piccoli, di più recente costituzione, fortemente localizzati e protagonisti di strategie aggressive sul mercato della formazione, quali Fonditalia e Formazienda. Il dato sollecita alcune riflessioni proprio sul versante delle testé citate “strategie aggressive”.
E qui il ragionamento si salda con l’interpretazione dei dati di crescita in alcune regioni, quali quelle sopra ricordate.
Il punto è proprio questo: dove si realizzano strategie aggressive, di sviluppo associativo, di miglioramento del prodotto, Fapi cresce. Dove il sistema “si lascia vivere”, Fapi tende a calare.
A nostro avviso, si possono individuare tre fattori da tener presenti per una politica di ulteriore sviluppo del Fondo formazione PMI: gli uomini; il prodotto; le strategie di marketing.
Sembra tautologico, ma forse è bene ripeterselo: sono gli uomini che fanno le cose. Dove c’è qualcuno che si muove, con determinazione e con una precisa strategia, i risultati si vedono. Così è in Campania, in Calabria, in Liguria; così è nelle Marche, e ultimamente anche in Lombardia. Ricordiamoci che il vasto mondo delle imprese, dei consulenti del lavoro, delle mille piccole realtà consortili, associative, di filiera e di distretto, conosce ancora pochissimo la realtà dei Fondi paritetici per la formazione continua, e soprattutto non conosce a sufficienza i vantaggi che derivano dall’associarsi a un Fondo come il Fapi, del tutto gratuito e in grado di restituire, sotto forma di formazione finanziata, e moltiplicate a livello esponenziale, le risorse versate per obbligo di legge. Si tratta di svolgere una funzione capillare sul territorio, di contatto e di informazione, di affiancamento e di fidelizzazione. Qualche realtà locale, qualcuno sul territorio, e in territori diversi e lontani tra loro, lo ha già fatto. Altre regioni lo possono fare, crisi o non crisi. C’è molto da lavorare nel 2011 per il Fapi sul territorio, ed è una scommessa che può essere vinta con la collaborazione degli uomini Fapi, delle parti sociali, sia datoriali che sindacali. Sono gli uomini che fanno le cose.
Il prodotto. Alla fin fine il prodotto Fapi sono gli Avvisi, i bandi che mettono le risorse a disposizione delle imprese e dei lavoratori. Il prodotto è buono, le imprese mostrano di apprezzarlo: ne è la riprova il costante aumento delle domande, quasi sempre doppio rispetto alle risorse stanziate; è buono ma ciò non vuol dire che non possa essere ancora migliorato. Alcuni segnali sono venuti dalla platea degli attuatori in questi anni, e sono segnali inequivocabili. Semplificazione e accelerazione delle procedure, in primo luogo. Sburocratizzazione e informatizzazione dei processi. Stiamo già da tempo lavorando in questa direzione. E poi attenzione alle tematiche da promuovere: gli Avvisi sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono stati un successo. Attenzione ai segmenti dell’utenza: gli assi, le corsie preferenziali dedicate alle imprese medio-grandi hanno funzionato, bisogna insistere. Attenzione alla velocità di erogazione: il cosiddetto meccanismo “a sportello”, sperimentato per le aziende in stato di cassa integrazione, è uno strumento formidabile per dare una risposta al bisogno di formazione “qui e adesso”, abbattendo drasticamente i tempi di attesa tra presentazione delle domande di contributo, valutazione, approvazione delle graduatorie, erogazione dei primi acconti. Va presa in seria considerazione la possibilità di estendere maggiormente l’adozione del meccanismo a sportello.
Infine le strategie di marketing. Nel corso del 2010 si è dispiegato un articolato e ambizioso Piano Marketing varato dal Fapi sullo scorcio del 2009. All’insegna dello slogan coniato dal presidente del Fondo e di Confapi, Paolo Galassi, “Sosteniamo la cultura per rendere più competitiva l’Italia”, il Fapi ha sponsorizzato le iniziative culturali della Fondazione Francois Pinault a Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia, la grande mostra di Roy Lichtenstein alla Triennale di Milano e gli Internazionali di tennis al Foro Italico a Roma. Ha inoltre stanziato risorse per borse di studio e tesi di laurea in materia di formazione per i figli dei dipendenti delle aziende associate, che verranno consegnate nel corso di una cerimonia ufficiale agli inizi del 2011. Siamo convinti che le iniziative di diffusione del marchio Fapi a Roma, Milano e Venezia non siano state ininfluenti nel determinare i positivi risultati registratisi in Lazio, Lombardia e Veneto. Basti dire che proprio durante gli Internazionali di tennis le nuove adesioni a Fapi hanno conosciuto un picco mai visto prima. Il marketing, insomma, dà i suoi frutti. Il brand Fapi comincia a circolare, si rende visibile, suscita curiosità. D’altra parte non è una novità che proprio nei periodi di crisi l’investimento in pubblicità e marketing si rivela decisivo. Vanno allora rafforzate le azioni positive sul versante delle campagne di stampa e di informazione a contorno delle iniziative di marketing da mettere in campo per il 2011: diffondere un marchio già noto non è difficile; diffondere un marchio nuovo richiede una costante presenza sul mercato dell’informazione: la stampa, i media, la rete.
Ecco quindi le tre leve da mettere in atto per un 2011 di successo per il nostro Fondo: fattore umano sul territorio, ulteriore affinamento del prodotto, azioni di marketing sostenute dall’informazione.
Ci sarà parecchio su cui lavorare.
Giorgio Tamaro
Direttore Fapi
Per contattare la redazione di Innovareweb :
Via Spadolini 7, 20141 – Milano
Tel. +39 02 864105