Entrando nell’immensa area che racchiude l’Esposizione Universale di Shanghai, ho chiesto informazioni a un ragazzo per sapere quale direzione prendere. È davvero grande, posta sulle due sponde del fiume Huangpu collegate da un ponte e da un servizio di traghetti. Occupa una area di circa 5.3 kmq, divisi la sezione Pudong su una riva (4 kmq), dove si trova il padiglione italiano, e la sezione Puxi (1.3 kmq) sull’altra.
Cortesissimo, il ragazzo, uno dei tantissimi volontari che prestano assistenza ai visitatori, mi ha risposto indicandomi uno dei numerosi autobus che fa da navetta da una parte all’altra.
Poi, con aria complice, mi ha fatto un gesto come per complimentarsi, aggiungendo: “Italy is back!”.
Questa frase mi ha commosso. Ma, in effetti, vista da Shanghai, l’Italia che si presenta alla Cina attraverso il suo padiglione è un’Italia diversa dai soliti stereotipi, una Italia che entusiasma, che sembra, davvero, tornata protagonista.
Un episodio può aiutare a comprendere queste parole. L’Expo di Shanghai è iniziato il 1 maggio scorso. Qualche giorno prima, per vedere se tutto era a posto, gli organizzatori hanno pensato di aprire provvisoriamente i cancelli, in modo da testare tutte le procedure organizzative.
A un certo punto è scoppiato un pandemonio, che ha richiesto l’intervento della polizia. Cosa era successo? Semplicemente la folla dei visitatori aveva preso d’assalto il padiglione italiano. Come ricorda Beniamino Quintieri, Commissario dell’Expo: “Gli organizzatori sono stati costretti a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine locali, per contenere il grande afflusso di persone attratte dalle eccellenze del Made in Italy”. Non è un episodio marginale, anzi occorrerebbe tenerlo bene a mente.
Diceva nel 1881 Giuseppe Colombo, tra i fondatori del Politecnico di Milano e tra gli organizzatori dell’Expo di Milano del 1881: “Noi italiani abbiamo un terribile difetto. Noi siam usi a disprezzare le cose nostre; e abbiamo, invece, un’illimitata opinione della superiorità degli stranieri. È una grave sciagura, è un pregiudizio fatale, contro il quale si infrangono gli sforzi dei nostri migliori costruttori”.
Da allora, questo modo di pensare non è cambiato. Noi italiani tendiamo ancora oggi a sopravvalutare ciò che viene fatto all’estero e a sottovalutare quello che facciamo noi, qui in Italia. Eppure il nostro Paese ha dato i natali alla maggior parte delle innovazioni che hanno caratterizzato il mondo contemporaneo. Sono italiani il telefono (Antonio Meucci), la lampadina a filamento (Alessandro Cruto), la radio (Guglielmo Marconi), l’autostrada (la Milano – Laghi, Pietro Puricelli), l’energia atomica (Enrico Fermi), la pila elettrica (Alessandro Volta), l’elicottero e lo scooter, entrambi inventati da Corradino D’Ascanio, il grande ingegnere della Piaggio. E’ un elenco lunghissimo che porta, in tempi più recenti, e solo per citarne alcuni, a Leonardo Chiariglione, padre dell’Mp3, o a Mauro Sentinelli che, con la sua idea della scheda telefonica ricaricabile, ha portato il telefono cellulare, in origine uno strumento per pochi, a diventare l’oggetto più diffuso al mondo. L’Italia è un paese ricco di tesori nascosti e non solo di quelli (importantissimi) legati all’arte, alla enogastronomia, all’arredamento e alla moda, cioè a quelle che vengono definite le “F” dell’Italian Lifestyle: Food, Fashion, Furnishing, Football, Ferrari. Dentro molti capannoni, nelle cartelle di molti computer in tutta Italia, si trovano in questo momento moltissime innovazioni che, da qui a pochi anni, porteranno a cambiare il mondo nella robotica, nella medicina, nell’edilizia sostenibile, nell’ingegneria, nei nuovi materiali, nel risparmio energetico.
Magari queste innovazioni non sono conteggiate dalle statistiche internazionali, che molte volte non riescono a comprendere la complessità del modello italiano (in Italia la ricerca non sempre si fa nelle università, ma si esprime in tutta la sua potenzialità all’interno dei laboratori delle piccole e medie imprese), ma sempre più spesso permettono alle nostre imprese, senza che si sappia, di essere veri e propri campioni mondiali. Il progetto Italia degli Innovatori, voluto dal Ministro Renato Brunetta, vuole raccontare questa Italia, dare visibilità a quella innovazione che il Paese sa produrre ed esportare. L’obiettivo è fare conoscere a tutto il mondo, attraverso l’Expo di Shanghai, la manifestazione più importante del 2010, una Italia diversa che è viva e ha ancora molte cose da dire, anche nel nuovo mondo globalizzato che sta nascendo dal superamento della crisi internazionale. Per cercare, 130 anni dopo le parole di Colombo, di dare anche in Italia, il giusto merito a chi, ogni giorno, da tutto se stesso per realizzare la sua idea.
Il programma ha selezionato 265 progetti, tra i 454 presentati, provenienti da aziende, molte delle quali di piccole e medie dimensioni (nove società su dieci hanno meno di 250 dipendenti e il 48% presenta un fatturato sotto i 500mila euro), università, centri di ricerca e incubatori di business. Le proposte scelte, per la gran parte già collaudate e sperimentate in Italia e all’estero, riguardano gli ambiti di costruzioni e urbanistica, tecnologie ambientali, salute, e-governement, comunicazioni e media, mobilità, patrimonio storico, protezione civile e sicurezza. Il 59% dei partecipanti proviene dal Nord, il 27% dal Centro e il 14% dal Sud.
Le idee selezionate beneficeranno di un proprio spazio all’interno del padiglione italiano, tra il 24 luglio e al 7 agosto. A Shanghai sarà quindi messa in mostra quell’ Italia, spesso non conosciuta al grande pubblico, che pensa e agisce in grande e che rappresenta il motore trainante dello sviluppo del Paese.
Occorre infatti smettere di pensare che all’estero le cose siano migliori che da noi. Per parlare di una cosa piccola, ma importante in termini di immagine, in questo Expo, che raccoglie i padiglioni di 190 Paesi, scopriamo che, dopo il padiglione dei padroni di casa, il più bello, il più visitato, il più discusso sui media, è il nostro.
Un solo confronto: il padiglione francese che, non avendo nulla da esporre, per attrarre visitatori ha ben pensato di mettere due fotomodelle in esposizione (non è uno scherzo: noi abbiamo messo il Palladio, la Ferrari, De Chirico, oltre 250 innovazioni ad alto contenuto tecnologico, un allestimento scenografico spettacolare, i francesi due belle ragazze!).
Ma se noi siamo sempre pronti a parlare male del nostro Paese, per fortuna alla Cina l’Italia piace. Lo conferma anche Liu Yongqing, moglie del presidente cinese Hu Jintao, che ha visto in anteprima il nostro padiglione, rimanendone entusiasta, lo conferma la fila che, lunghissima, gira tutto attorno all’edificio che presenta una pianta quadrata di 3.600 mq per un’altezza di 18 m. Se dall’Italia non sembra vero, qui a Shanghai è la norma: l’Italia è vista come un Paese straordinario, capace di cose magnifiche. Dalla moda, al design, dall’arte di vivere, all’alta tecnologia. Tutte messe in bella mostra qui a Shanghai.
Colpisce, per una volta, l’intelligenza con cui vuole rappresentare il paese in modo non banale, non solo pizza e mozzarella, come in altre occasioni.
E qui in Cina è importante mostrare il nostro volto migliore. La Cina è, ormai, la nuova potenza mondiale. Nel suo rapporto al XVI Congresso del Partito Comunista Cinese, nel novembre 2002, Zhang Jemin, all’epoca Presidente della Repubblica Cinese, annunciò che obiettivo del governo cinese era di quadruplicare il prodotto interno lordo del 2000 per il 2020. Ci sono riusciti in 8 anni, dodici in meno di quanto previsto da Zhang. Nel 2000 il Pil cinese era di 1.083 miliardi di dollari. Nel 2009 ha raggiunto i 4.814 miliardi di dollari. Incredibile.
Nel 2000 la Cina era la decima potenza mondiale. Oggi è la terza, davanti alla Germania, e dietro solo al Giappone, che nel 2009 ha ottenuto un Pil di 4.911 miliardi di dollari, e agli Stati Uniti che, nonostante la crisi, hanno sviluppato un prodotto interno lordo di 14.430 miliardi di dollari. L’Italia, settima, ha raggiunto i 2.090 miliardi di dollari. È una crescita straordinaria, fatta di ricchezza reale, tangibile, come si può vedere dalle riserve in valuta pregiata. All’inizio del 2000 la Cina aveva riserve valutarie per 10 miliardi di dollari. Quest’anno hanno superato i 2.000 miliardi di dollari. Tanto per fare un confronto, la Cina in dieci anni ha messo da parte e ha oggi in cassa l’equivalente del nostro Pil.
Oggi, la crisi internazionale sta modificando notevolmente l’economia cinese, cresciuta fino a ora grazie un altissimo tasso di esportazione e a scapito della qualità dell’ambiente e della vita.
Nella tradizione cinese, così come in quella dei nostri nonni, abituati a fare buon viso a cattivo gioco, ogni crisi rappresenta una opportunità. Come ha ricordato il Presidente Berlusconi durante l’incontro con il presidente cinese Wen Jiabao nell’occasione del G8 dell’Aquila, con la crisi lo scenario è cambiato. Dallo scorso anno, infatti, a fronte della riduzione della domanda internazionale, la Cina si è trovata nella necessità di dover far fronte alle conseguenze della stagnazione mondiale: surplus di prodotti, rallentamento della produzione e crescita della disoccupazione e di doversi sostenere in gran parte con la domanda interna. A metà del 2009 le importazioni cinesi hanno superato le esportazioni e si prevede un ulteriore aumento.
In questo scenario ribaltato, in cui i Paesi stranieri faranno a gara per proporsi come fornitori di tecnologie alla Cina, l’Italia deve essere in grado di cogliere questa “opportunità della crisi”. Lo spazio c’è. Il nostro Paese è già oggi il quinto partner commerciale della Cina e nel 2010 questo è uno dei mercati in cui l’Italia sta crescendo di più. Dal 2001, anno dell’ingresso della Cina nel Wto, l’interscambio è passato da 7,8 miliardi di dollari ai 40 attuali, con una crescita, nel primo trimestre del 2010, delle esportazioni italiane verso la Cina del +24,7% sul 2009. E sono cifre ancora piccole, rispetto al potenziale. Motivo per cui, la buona rappresentazione che l’Italia sta dando di se all’Expo va sfruttata bene, soprattutto nei settori legati al tema dell’Expo.
Ogni Expo si caratterizza per un tema. Hannover nel 2000 scelse “Humankind, Nature, Technology” (Umanità, Natura, Tecnologia), Aichi nel 2005 optò per “The Wisdom of Nature” (La Saggezza della Natura). Shanghai, con grande pragmatismo, ha scelto “Better city, Better life” (Una città migliore, una vita migliore) ovvero la qualità della vita in ambito urbano. E’ la nuova frontiera della Cina, che deve affrontare velocemente il continuo e velocissimo accrescimento delle aree urbane e, naturalmente, del numero di persone che vi abitano. Senza sembrare eccessivi, è un tema che sembra fatto per mettere in evidenza le eccellenze italiane. Per i cinesi, infatti, l’Italia è il paese dove si vive meglio al mondo, dove si trovano le città più belle e dove la qualità della vita è più alta.
Anche se non sempre la realtà corrisponde a questa descrizione, indubbiamente in fatto di “better city” e di “better life” abbiamo qualcosa da dire, come dimostrano alcuni esempi, a partire dal padiglione stesso. L’edificio è realizzato con un cemento trasparente realizzato dalla Italcementi appositamente per l’Expo di Shanghai. Sviluppato nei laboratori di Bergamo, questo cemento particolare rende le pareti semitrasparenti legando resine plastiche alla malta cementizia. Le resine, opportunamente inserite in questo particolare impasto, spiegano i ricercatori, presentano prestazioni di trasparenza migliori delle fibre ottiche, sperimentalmente utilizzate finora in questo campo, ma soprattutto costano molto meno, consentendone l’applicazione su larga scala. Sembra che siamo molti i costruttori cinesi interessati ad acquistarlo.
Ma non è l’unica innovazione del padiglione, che è pensato proprio come una “macchina” dal particolare funzionamento bioclimatico con l’obiettivo di un significativo risparmio energetico. Gli elementi fotovoltaici integrati nei vetri delle coperture esterne garantiscono un effetto schermante dalle radiazioni, mentre il progetto illuminotecnico dell’edificio mira non soltanto a scandire gli spazi, ma anche a favorire il risparmio di energia. Per i cinesi, che non hanno ancora sviluppato la capacità di progettare in modo eco-sostenibile, si tratta di un nuova frontiera, per la quale c’è grande interesse.
Tutto il settore della progettazione eco-sostenibile è in fermento, e l’Italia è vista come un paese guida. Lo dimostra il grande interesse per una delle innovazioni presentate a Shanghai dal progetto Italia degli Innovatori, promosso dal ministro Brunetta, la vernice antismog. Si avete letto bene. Si tratta di una particolare pittura che, applicata pareti di un fabbricato, grazie alla luce solare sviluppa un potere antibatterico, antimuffa e antiodore, e riduce l’inquinamento dell’aria circostante dal 50 al 75 per cento. Questa pittura, prodotta da una impresa di Roma, la C.i.m. – Calci Idrate Marcellina, è stata già impiegata per grandi opere, come il “Fungo” dell’Eur e il Traforo “Umberto I” a Roma. Qui in Cina, stravedono.
Ma non solo. Grande interesse ha suscitato il progetto di una ditta di Bari, la Fluidotecnica Sanseverino, che ha messo a punto un sistema in grado di separare in modo netto l’olio dall’acqua. Il sistema, che è stato preso in considerazione anche dall’amministrazione Obama per fare fronte al disastro ambientale del Golfo del Messico di qualche settimana fa, permette una rapida eliminazione degli elementi inquinanti e il recupero del petrolio fuoriuscito, senza ricorrere ad additivi chimici. Può essere utilizzato sia in mare sia su terraferma, per esempio dalle industrie automobilistiche o anche per eliminare il greggio disperso dalle navi da cisterna, dalle piattaforme petrolifere e dalle industrie.
Da questa breve descrizione delle innovazione selezionate, si può affermare che l’Italia continua ad essere un paese di innovatori e menti brillanti. Quello di cui il nostro Paese ha, forse, bisogno è di una maggiore fiducia nei propri mezzi e di concedere maggiore visibilità a tante imprese e istituzioni che da sole non riescono ad emergere e ad avere il successo che meritano sul mercato nazionale e mondiale. Proprio questo è stato lo spirito che ha spinto gli organizzatori dell’iniziativa “Italia degli Innovatori”, che ha come obbiettivo la promozione delle eccellenze tricolore, sfruttando, in quest’occasione, l’esposizione mediatica dell’Expo. Lo scopo è “far conoscere” alla Cina e al mondo, un’ Italia, che ha tutti i mezzi per diventare, nell’immaginario collettivo, la terra dell’innovazione e non soltanto quella del buon vivere.
Antonio Cianci
Consigliere per la diffusione dell’innovazione
dell’on. Ministro Renato Brunetta
Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione

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