La svolta green delle imprese manifatturiere e la sfida per il rilancio italiano del settore
di Patrizia Ricci
Le sfide che l’Italia (con le sue fabbriche), come il resto d’Europa, dovrà affrontare una volta superata la pandemia riguardano da un lato la sostenibilità, con gli interventi da mettere in atto per raggiungere gli obiettivi climatici europei per il 2050, e dall’altro la mobilità occupazionale. Per quanto riguarda la prima, oggetto di questo approfondimento, l’Italia parte da una posizione avvantaggiata, avendo già da tempo introdotto un approccio “responsabile” alla produzione e al consumo di risorse. Il nostro Paese presenta, infatti, un ridotto impatto in termini di rifiuti solidi prodotti, grazie ad un approccio circolare rispetto all’utilizzo delle risorse. È bene ricordare che, grazie alle attività di riciclo e recupero, è stato infatti possibile re-immettere nel sistema economico l’83% circa dei rifiuti speciali prodotti in Italia, contro l’81% registrato in Germania, il 71% in Francia, il 60% del Regno Unito e una media UE del 53%. L’industria Italiana può contare, inoltre, su un ridotto impatto in termini di emissioni di gas serra prodotti dalle attività di trasformazione. Infatti, secondo le stime del Centro Studi Confindustria, la manifattura italiana (con le sue fabbriche) si colloca al quarto posto tra le principali economie globali, al terzo nella UE, per minor intensità di CO2, su livelli equivalenti a quelli registrati dalla manifattura tedesca. Rispetto alla media UE, l’intensità delle emissioni di CO2 della manifattura italiana è inferiore del 31%. La bassa impronta di carbonio della manifattura italiana nel confronto internazionale è spiegata soprattutto da livelli di efficienza ambientale dei processi industriali tra i più elevati al mondo. Da diversi anni infatti, le principali aziende manifatturiere hanno definito progetti di sviluppo organizzativo che pongono al centro la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica attraverso una trasformazione profonda attuabile lavorando su ogni singolo aspetto della produzione e della catena del valore, collegata ad azioni atte a migliorare la salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. Oltre ad interventi sul prodotto e sulle macchine destinate ai clienti, questi progetti comprendono il raggiungimento di importanti certificazioni quali ISO 14001, ISO 5001 e ISO 45001 che si sono aggiunte alla più diffusa e già da tempo acquisita ISO 9001. Certificazioni fondamentali quando si tratta di realizzare una produzione sostenibile, ovvero con il minor impatto possibile sull’ambiente. Si tratta di obiettivi ambiziosi che, attraverso l’applicazione dei concetti di economia circolare ed efficienza nella produzione, stanno progressivamente riducendo le emissioni di CO₂, i consumi di energia e di acqua, l’uso di solventi organici e la creazione di rifiuti.
Una cosa è certa: solo investendo nei settori del futuro, quali l’automazione, la digitalizzazione e la sostenibilità, combinati nel quadro generale sino a formare una triade armoniosa, è possibile guardare al futuro. A fronte di una crescente consapevolezza della sostenibilità e delle crescenti esigenze in materia di protezione del clima, un numero sempre maggiore di fabbriche del settore dell’industria meccanica sta considerando produzioni efficienti e sostenibili e sta esaminando dove è possibile raccogliere ulteriori potenzialità di ottimizzazione. Concentrare il maggior numero possibile di fasi di lavorazione diverse in un’unica macchina consente già di produrre componenti nel modo più rispettoso delle risorse, in quanto l’intero processo diventa più efficiente, si evita anche il cosiddetto “turismo dei pezzi” e si riducono tempi di consegna e rischio quando un componente viene lavorato con una sola operazione di bloccaggio. La sostenibilità ha anche molto a che fare con l’ottenere il massimo dall’intero processo produttivo perché in questo modo si risparmiano risorse come macchine, tempo di lavoro, spazio, energia e materie prime nella lavorazione dei pezzi. Quest’ultimo risparmio è piuttosto da considerare come principio di buona tecnica. Del resto, la tendenza verso una “near net shape” nel processo di lavorazione è in atto già da alcuni anni: anche prima della lavorazione, i pezzi vengono adattati alla forma del componente finito per ridurre il più possibile il sovrametallo per la lavorazione. Più il pezzo grezzo è vicino al componente finito, più velocemente il lavoro viene eseguito e, come ulteriore vantaggio, ad esempio, ci sono meno scarti di trucioli in produzione.
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