Biomedicale – La ricerca biomedica sta facendo grandi passi fornendo strumenti, metodi e sistemi adeguati a una medicina che sarà sempre più di precisione e personallizzata. L’approccio fortemente interdisciplinare favorisce lo sviluppo di dispositivi e sistemi diagnostici e terapeutici basati su sensori, materiali, algoritmi e modelli decisamente innovativi. L’esperienza dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR.
di Mario Gargantini
C’è molto fermento nel campo delle tecnologie per il biomedicale: sia in ambito industriale, col nascere di start up e con la diffusione di nuove tipologie di prodotti; sia a livello della ricerca, con la crescita di laboratori presso molte aziende e istituzioni pubbliche e private e con l’avvio di programmi nazionali e sovranazionali. Si parla sempre più di E-health, di nanotecnologie applicate alla salute, di modellistica, di medicina rigenerativa, di medical imaging, fino alle punte avanzate di Realtà Virtuale e Intelligenza Artificiale. Peraltro quello di “Salute e benessere” è uno dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) dell’Agenda 2030, cioè del programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.
Anche il Programma nazionale per la ricerca 2021-2027 (PNR), emanato dal MIUR nel novembre 2020, colloca la Salute (e quindi il biomedicale) al primo posto tra i sei grandi ambiti di ricerca e innovazione per l’Italia. Tali ambiti – che utilizzano come schema di riferimento i sei i cluster di Horizon Europe, il Programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione 2021-2027 – sono declinati, a loro volta, nelle aree d’intervento che il MIUR ha individuato in coerenza con le specificità del contesto nazionale e con gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite entro il 2030, quali: ridurre la mortalità prematura soprattutto per le principali malattie non-trasmissibili (malattie cardiovascolari e renali, dell’apparato digerente, endocrine, neurodegenerative, respiratorie croniche, cancro, diabete e obesità), ridurre le malattie mentali e ridurre le diseguaglianze. Vengono così indicati i temi principali di ricerca, come: promozione della salute, prevenzione primaria e secondaria delle patologie, identificazione di nuovi meccanismi molecolari, gestione dell’ageing society, garanzia per l’accesso alle migliori cure disponibili. “La ricerca biomedica si troverà di fronte a nuove sfide per consolidare, raffinare e rendere sostenibili obiettivi e traguardi, prima impensabili, basati sui più recenti avanzamenti tecnologici, quali, ad esempio, la terapia genica mirata alla sostituzione di geni malfunzionanti o mancanti; la diagnostica per immagini e molecolare per predire l’insorgenza di patologie; la medicina di precisione basata sulle nanotecnologie e su farmaci biologici ad alta specificità per bersagli cellulari e molecolari; la terapia rigenerativa personalizzata di cellule, tessuti e organi danneggiati irreversibilmente; nuovi dispositivi medici ad uso diagnostico, terapeutico, chirurgico o misto; senza dimenticare la necessità di accelerare lo sviluppo e la produzione in larga scala e ridurre i costi della messa in commercio di nuovi farmaci”.
Medicina rigenerativa
Una delle articolazioni nelle quali si sviluppa l’ambito di ricerca “Salute” del PNR è quello indicato come “Sviluppo di strategie per la sostituzione della funzione di organi e tessuti danneggiati”. Qui le priorità di ricerca coprono tre aree.
In tema di medicina dei trapianti le priorità sono:
a) il trapianto di cellule ematopoietiche in pazienti oncologici dopo chemioterapia ad alte dosi e/o radioterapia;
b) l’allotrapianto di cellule ematopoietiche nel trattamento di leucemie, linfomi refrattari e mielomi;
c) il trapianto di organi solidi con possibile donazione vivente nel trattamento di tumori solidi, ad esempio trapianto di fegato per il trattamento di lesioni epatiche secondarie da carcinoma del colon-retto;
d) la prevenzione del rigetto e lo sviluppo della tolleranza al fine di ridurre i rigetti cronici degli organi trapiantati allungando la sopravvivenza degli innesti ed evitando i danni correlati all’immunosoppressione;
e) la prevenzione di altre complicanze post-trapianto, in particolare infettive, oncologiche, cardiovascolari e renali, principalmente correlate all’immunosoppressione al fine di allungare la sopravvivenza dei pazienti trapiantati, accanto alla definizione di endpoints di efficacia. Sarà opportuno effettuare uno screening nazionale genomico per identificare soggetti a rischio di trapianto.
In tema di medicina rigenerativa, lo sviluppo delle terapie cellulari, basate soprattutto sulle cellule staminali e, partendo dalle potenzialità di cura offerte dall’uso di cellule staminali, lo sviluppo di un processo automatizzato che produca il più elevato numero di cellule per implementare sistemi di cura avanzati. Tale obiettivo dovrà essere sostenuto da tre pilastri:
– lo studio di tecnologie robotiche per l’isolamento e la manipolazione cellulare;
– la messa a punto di tecnologie robotizzate per l’espansione cellulare;
– la validazione delle nuove soluzioni attraverso l’esame di ambiti clinici che potranno beneficiare del nuovo processo di produzione e dei nuovi sistemi automatizzati per favorire la ricerca di nuove cure e per rendere fruibili le nuove cure in ospedale.
“La medicina rigenerativa è un’area di ricerca che richiede plurime competenze. Essa possiede in sé criticità e svantaggi e, al contempo, potenzialità e vantaggi. Per quanto attiene ai primi, essi sono fondamentalmente di quattro ordini: a) costi elevati degli studi di Tissue Engineering e Organ Transplantation; b) complessità strutturale di organi e tessuti umani; c) problematiche di natura etica; d) limitata shelf-life di prodotti derivanti da questi studi sperimentali. Per quanto riguarda, invece, gli elementi positivi, ne esistono almeno tre che dovrebbero spingere verso un potenziamento della filiera scientifica: a) impatto positivo sulla salute pubblica, fornendo soluzioni terapeutiche innovative per malattie a elevato impatto sociale ed economico; b) possibilità di rimpiazzare/complementare la tradizionale medicina dei trapianti, penalizzata da scarsità cronica di organi da donatori e dalle note problematicità di rigetto; c) ripercussioni positive sul piano economico, legate al miglioramento della qualità di vita e alla riduzione di patologie legate all’invecchiamento. Sebbene permangano perplessità sulla convenienza economica, sulle ricadute sociali e sull’efficienza sperimentale, i benefici che derivano dall’implementazione delle tecnologie di Tissue Engineering e Organ Transplantation sono destinati a cambiare profondamente gli scenari della ricerca biomedica”.
È interessante in questa direzione l’approccio e i programmi che vengono sviluppati dall’IFC, Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, la cui missione originale “apportare al sistema di sanità pubblica i progressi nella diagnosi e cura del malato derivati dalla ricerca scientifica, traendo dalla osservazione clinica i temi e obiettivi della ricerca”, consente di ridefinire la sigla IFC in “Innovazione Finalizzata alla Cura” che esprime più modernamente l’ottica traslazionale di “medicina personalizzata” attraverso: la promozione della salute e della qualità della vita; il monitoraggio e il controllo dei pazienti e dei cittadini più deboli; l’ottimizzazione degli interventi terapeutici, con la riduzione dei tempi di ospedalizzazione; la modellazione a vari livelli specifica per il paziente, con adeguati sistemi di supporto per la simulazione e la decisione; una maggiore attenzione sia ai pazienti che agli operatori sanitari; l’apertura di nuove frontiere nell’imaging multimodale e nell’impiego di nuovi biomateriali; la valutazione del rapporto rischio/beneficio dell’approccio diagnostico utilizzato, e la relativa appropriatezza, per migliorare le procedure diagnostiche e terapeutiche.
Nuovi biomateriali
Più in particolare, nell’area BioTecnoscience e Modellazione l’IFC ha tradizionalmente una forte competenza, che consente di condurre ricerche di punta nel campo dell’imaging multimodale, nello sviluppo e caratterizzazione di Biomateriali e nell’elettronica biomedicale. Compito dell’elettronica biomedicale è lo sviluppo di nuovi dispositivi, sia front-end che specializzati, per applicazioni nella ricerca medica e pre-clinica, compresi sensori indossabili; “le più recente tecnologie sviluppate con maggior successo includono un nuovo dispositivo brevettato per lo studio in vivo umano dell’endotelio arterioso in condizioni variabili (fornito a un gran numero di laboratori europei), un sistema integrato per il monitoraggio cardiovascolare in condizioni estreme in immersioni di profondità, e un originale sistema di erogazione di ossido di azoto per il trattamento dell’ipertensione polmonare”.
La sinergica interazione tra diversi laboratori e l’approccio fortemente interdisciplinare favorisce lo sviluppo di dispositivi e sistemi diagnostici e terapeutici basati su sensori, materiali, algoritmi e modelli decisamente innovativi. La pluriennale esperienza acquisita da IFC nel campo dei sensori e biosensori e è stata recentemente indirizzata verso nuove applicazioni sia nel settore biomedico che in quello ambientale. Nel primo caso, oltre a classici sensori ottici e microgravimetrici, sono allo studio sistemi micromeccanici (BioMEMS) e nanosensori basati su nanotecnologie. In particolare il gruppo è coinvolto in un progetto di teranostica (NanoMax-Encoder) sullo sviluppo e la caratterizzazione di nanostrutture complesse per applicazioni terapeutiche, di sensing e di imaging nell’ipertrofia cardiaca patologica.
C’è poi la sezione di Tissue Engineering biomedicale, focalizzata su tre tematiche principali.
Una riguarda il settore dei Biomateriali, con attività rivolta allo sviluppo e al testing di materiali biocompatibili per Tissue Engineering, con un focus particolare per la rigenerazione del tessuto molle e la rigenerazione nervosa. I materiali sono sia di origine sintetica (PCL, PEG) che naturale (gelatina, collagene), funzionalizzati per favorire l’adesione cellulare e i processi di crescita.
Un’altra attività biomedicale è relativa ai Bioreattori, focalizzandosi sul test e l’utilizzo di sistemi di coltura dinamici capaci di simulare le interazioni metaboliche tra tipi cellulari diversi tra loro e l’effetto di stress meccanici e biochimici sulle colture medesime allo scopo di ricreare condizioni di vita fisiologiche e fisiopatologiche.
Infine il settore di VPH (Virtual Physiological Human) e Medicina Predittiva è centrato sullo sviluppo di sistemi in-silico per lo studio paziente-specifico dei processi metabolici e degenerativi delle malattie cardiovascolari.
Non trascurabile sono le prospettive dei Materiali Biomimetici e dei Modelli di Tessuti Biologici. Le attività in questo settore sono rivolte “allo sviluppo e alla validazione di modelli continui descriventi le caratteristiche di materiali (idrogeli) simili, per struttura, ai tessuti naturali. In particolare, è presa in considerazione l’elasticità connessa all’elettro-meccano-chimica, tipica dei tessuti naturali, che si sviluppa in conseguenza dell’architettura bi-fasica dei sistemi biologici. Questi sono infatti caratterizzati da una matrice solida porosa permeata nei suoi interstizi molecolari da una soluzione prevalentemente acquosa, spesso contenente ioni”.
Tramite tali modelli è possibile sviluppare tecniche per la caratterizzazione delle costanti “poroelastiche” di idrogeli, di repliche di tessuti naturali molli e di tessuti naturali stessi, nonché lo studio della propagazione di onde acustiche ad alta frequenza (ultrasuoni) nei sistemi biologici. La realizzazione di repliche tissutali permette l’analisi in-vitro del comportamento di sistemi biologici e la realizzazione di materiali per drug delivery o per attuatori pseudo-muscolari. Inoltre, tramite lo sviluppo di modelli acustici ultrasonori, è possibile mettere a punto tecniche per la valutazione non-invasiva della fisiologia di tessuti e organi (cirrosi epatica, fibrosi polmonare o insufficienza cardiaca legate alla comparsa delle comete polmonari) e la realizzazione di lenti acustiche per la focalizzazione di fasci ultrasonici. Tali lenti in gel possono avere applicazione sia nella stimolazione mirata di funzionalità biologiche di organi o tessuti, che nello sviluppo della “thermal therapy” per il trattamento di tumori.
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