L’innovazione? Si ha quando il progresso tecnologico migliora la qualità della vita. È la ricetta di Gabriele Persi, communication specialist presso Area Science Park il consorzio scientifico e tecnologico di Trieste. Laureato in Scienza della Comunicazione, da sette anni studia, per conto dell’Ufficio Comunicazione di Area, nuove soluzioni per far incontrare i ricercatori e le piccole e medie imprese, con la convinzione che sia innanzitutto dalle buone idee che nasce il buon business. Con questo obiettivo e un occhio attento ai cambiamenti ha capito che i social media come Facebook, Twitter e LinkedIn possono offrire un’opportunità alle aziende per creare, attraverso il passaparola, una rete di contatti e partnership e per diffondere in maniera capillare e mirata il proprio marchio e i prodotti.
Come nasce l’innovazione?
«L’innovazione secondo me è uno stato per cui grazie a idee, tecnologia o processi culturali, in ambito territoriale si ha qualcosa che permette dal punto di vista economico un beneficio per gli attori coinvolti, mentre dal punto di vista della gente comune un aumento, un miglioramento della qualità di vita».
Puoi fare un esempio?
«Il trolley è un’idea… due prodotti vecchi come valigia e ruota si sono messi insieme e hanno prodotto innovazione. Non si è inventato nulla, però è un’innovazione perché ha creato vantaggio economico per la sua azienda e il territorio e soprattutto ha portato reali benefici nella gente comune, quella che non è direttamente coinvolta nel processo produttivo. L’ innovazione è uno stato per cui ci sono contemporaneamente benefici economici, cioè un business, e benefici reali per i consumatori».
E i social media cosa c’entrano?
«I social media permettono la condivisione di idee non sotto brevetto, informazioni sui progressi della scienza, specie scienza di base. Si creano spunti e occasioni di crescita. Poi possono emergere anche competenze distintive: uno magari è un bravo cantante lirico e viene fuori che tu hai bisogno di fare un video in casa, così lo contatti per le competenze che tu hai conosciuto tramite il social media».
Questo va bene per la ricerca, ma come funziona per le aziende?
«I social media danno molta spinta alle persone a condividere spunti personali e professionali che insieme agli altri possono portare alla creazione di vere e proprie idee di sviluppo nell’azienda, sia dal punto di vista comunicativo che progettuale».
E per quanto riguarda la comunicazione esterna? Si possono sfruttare i social media per fare pubblicità o per far conoscere i propri servizi?
«Certo, ci sono tantissimi esempi anche in Italia. I social media sono uno strumento molto potente anche se non sono una bacchetta magica. Se li inserisci però in una comunicazione seria con una strategia integrata i social media sono molto performanti perché riescono ad arrivare direttamente al target che hai identificato con il prodotto che la tua azienda o ente di ricerca promuove. Dal punto di vista esterno riescono ad aumentare la frammentazione del target e quindi la capacità per un’azienda di vendersi oppure di acquisire visibilità».
Com’è la situazione in Italia? Nel nostro paese la maggior parte delle imprese sono di piccole o medie dimensioni: sono in grado di sostenere i costi della comunicazione via social media?
«Sai quale è il problema? Nelle piccole e medie imprese si pensa che il social media sia un’attività a costo zero da usare molto facilmente: basta aprirsi una pagina su Facebook. Il problema è che il social media costa, in termini di tempo e di denaro: se una PMI, che impiega una decina di persone, ne deve destinare una per il 30% del tempo alla comunicazione sui social media… beh mi rendo conto che può sembrare un problema. Sicuramente non è semplice. Ed è facile capire perché le PMI italiane sono messe abbastanza male dal punto di vista dei social media, quando invece dovrebbe essere un elemento distintivo».
Pensi veramente che in questo momento, con la crisi che si ripercuote sulle PMI, sia opportuno investire sulla comunicazione? Non sarebbe meglio aspettare una situazione più favorevole?
«Secondo me proprio per il fatto che c’è la crisi uno dovrebbe migliorare nel campo della comunicazione, dove migliorare intendo diventare più efficace. Per il resto dipende molto dal settore dell’azienda. Prendiamo il caso di un’azienda che produce mobili e che vende direttamente ai consumatori, e supponiamo che questa azienda abbia cinque persone, di cui una si occupa di comunicazione. Nella maggior parte dei casi la comunicazione sarà limitata al “volantinaggio”: qual è la sua efficacia? Quanto costa in termini di tempo e di denaro? Quanto spende in tipografia? Questi costi andrebbero confrontati con un piano di social media marketing per vedere se, utilizzando i social media, si riesce ad avere un’efficacia maggiore. Si può fare anche un discorso su quanto sono saturi gli strumenti di comunicazione: a casa mia ogni giorno arrivano decine di pieghevoli di centri commerciali. Ormai quante persone lo prendono e lo buttano via? Quando parlo di social media non intendo che la mia azienda si debba aprire una pagina di Facebook e scrivere le stesse cose che scriverebbe nel volantino. La potenza dei social media è data da due cose: la scomposizione del tuo target e le relazioni che instauri col tuo target. Social media non vuol dire solo comunicare, vuol dire soprattutto attivare relazioni istituzionalizzando il passaparola. Se tu, che sei un mio amico, mi consigli i mobili di quell’azienda, io li vado a vedere e magari li compro. Il social media fa questo: attiva relazioni anche forti e le informazioni che passano sono molto più efficaci».
Parli di target e di frammentazione, ma non pensi che i social media , in fondo, siano limitati proprio come target? Parlo della fascia d’età tra i cinquanta e i sessant’anni: non rischio di tagliarli fuori?
«Sai una cosa? Su Facebook ci sono molte più persone tra i cinquanta e i sessant’anni che tra i quaranta e i cinquanta. Non vuol dire che sanno usare il computer, però vuol dire che hanno Facebook…»
Tutti gli studi danno i social media in fortissima ascesa nell’ultimo anno, Facebook ha 585 milioni di utenti nel mondo, 17 milioni solo in Italia… pensi che questo trend durerà?
«Sì! Ora ci sono persone che prima deridevano Facebook e ora vengono e mi chiedono di fare pubblicità per il loro corso di formazione! Succederà come per i siti: prima se non avevi il sito non eri nessuno. Ora diventerà così per i social media. Il problema è che bisogna avere una strategia e attuarla molto bene, sennò può essere anche negativo. Bisogna investire tempo, ma non a scrivere il post, per far crescere le relazioni! Io devo attivare nuove relazioni e coltivarle, devo invitare le persone, stuzzicarle, mantenerle… Ci vuole tempo! Ripeto… troppa gente pensa sia una bacchetta magica. Io credo che nel prossimo anno o nei prossimi due tutti si apriranno una pagina Facebook… Il problema è che occorre fare una comunicazione mirata rivolta a gruppi molto ristretti, oppure una comunicazione di massa ma sempre molto mirata. Ripeto: internet è tutta una questione di relazioni. Non è che ti apri un sito o una pagina e vengono da te i miliardi di persone che sono su Internet. Bisogna saper coltivare le relazioni e offrire i propri prodotti in maniera appropriata. Questa è la nuova sfida!».
Gianluca Carta, Martina Manieli

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