La mobilità sostenibile è un’arena tecnologica e strategica variegata, che investe la legislazione, la psiche e le relazioni sociali degli utenti, le tecnologie per la produzione e la distribuzione di energia, come pure quelle relative ai veicoli personali o collettivi che la impiegano. Il tutto secondo le tre dimensioni: terrestre, aerea e marittima. Le proposte e le idee sul tavolo sono altrettanto numerose, al punto da renderne difficilmente esauriente la trattazione nello spazio a mia disposizione.
Mi limiterò quindi a focalizzarmi su un campo particolare: la mobilità urbana e i vantaggi che, a questo livello, i veicoli elettrici oggi offrono rispetto a quelli tradizionali.
Ho analizzato diverse ricerche e partecipato a saloni e convegni sul tema negli ultimi anni traendone l’impressione che i tempi siano maturi perché i veicoli elettrici inizino a rimpiazzare quelli che usano combustibili fossili.
I veicoli elettrici (“EV”) offrono effettivamente una serie di vantaggi rispetto a quelli che oggi guidiamo:
- consentono di viaggiare in silenzio e senza emettere CO2 o altri gas nocivi;
- l’elettricità impiegata come combustibile può derivare da fonti alternative rispetto al petrolio, diversificabili e locali;
- gran parte delle moderne batterie possono contenere elementi diffusi in natura e di solito riciclabili o smaltibili senza impatti ambientali negativi;
- gli EV chiedono poco o nulla in termini di oli lubrificanti e manutenzione;
- i trasporti personali sono per lo più a livello urbano, dove le prestazioni in termini di velocità e autonomia sono meno vincolanti e dove le ridotte dimensioni e la facilità di parcheggio risultano premianti;
- i motori elettrici sono molto più efficienti di quelli convenzionali e il “verde” è di moda.
Se i vantaggi degli EV sono così evidenti, è lecito però domandarsi come mai oggi solo una piccolissima nicchia di “estremisti del verde” abbia abbandonato le automobili convenzionali per quelle elettriche.
Senza richiamare le tesi sui fantomatici complotti orditi dalle multinazionali del petrolio contro l’umanità, ci sono diverse ragioni che spiegano l’attuale situazione, e di queste alcune sono assolutamente fondate, mentre altre sono forse più il frutto di una generalizzata disinformazione che una realtà.
E’ certamente realistico, ad esempio, pensare che le auto elettriche siano più costose e meno prestanti di quelle convenzionali. Ma è anche vero che se ragioniamo in termini di ciclo di vita dei veicoli notiamo che gli EV consumano molto meno di quelli tradizionali (con un rapporto di costo pari a 1 a 10) e spesso consentono anche di ottenere benefici fiscali.
Sono invece fattori discriminanti la velocità massima, il tempo per la ricarica, la mancanza di una rete capillare di “distributori” e, non da ultimo, il costo elevato delle batterie.
In ogni caso questi limiti potranno essere agevolmente superati soltanto se ci sarà una forte e determinata volontà politica orientata ad agevolare la migrazione verso l’ibrido o l’elettrico, mettendo in campo contributi e incentivi, come ad esempio agevolazioni per i costruttori e gli acquirenti o per l’installazione di sistemi di ricarica su aree pubbliche, sviluppo di reti di sharing e di intermodalità, parcheggi riservati e accessi liberi ai centri storici.
I governi che investiranno in questo campo potranno, tra l’altro, beneficiare di minori sanzioni derivanti dal mancato rispetto degli obiettivi UE del “20-20-20” (in pratica la scelta è tra pagare multe perché s’inquina troppo o investire per aumentare l’efficienza dei trasporti) e, quando i veicoli elettrici avranno raggiunto il 20-25% del parco circolante, i produttori di elettricità (che a quel punto potranno guadagnare come oggi fanno le compagnie petrolifere) saranno indotti a investire nell’ampliamento della rete di ricarica, nei sistemi di distribuzione di energia e nell’incremento dell’efficienza e della compatibilità ambientali delle centrali di generazione.
Guidalberto Gagliardi
Equity Factory

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