Tutti gli esperti affermano che per rilanciare l’economica e garantire l’occupazione, occorre agire sull’ innovazione.
Ogni l’impresa deve impegnarsi nella scoperta di nuove soluzioni che consentano di accrescere la competitività, allargarne il mercato e di essere sempre più rispettose dei delicati e conflittuali equilibri che debbono conciliare il Pianeta, con le persone, con i progetti, con i prodotti, con i processi, con il profitto e l’equità.
Occorre stabilire una corrispondenza biunivoca tra le idee che sono la materia prima dell’innovazione e gli “innovatori” che non possono più essere solo dei geni isolati e romanticamente dediti ad attività di pensiero deduttivo che deve produrre soluzioni originali.
Infatti la genialità che è la capacità di pensare al nuovo, non è solo talento e casualità che sono condizioni necessarie, ma anche impegno, confronto, resilienza ed ambiente favorevole.
L’ambiente favorevole non può che essere quello dell’ambito dell’apprendimento strutturato, università e centri di ricerca in primo luogo, ma anche centri educativi specifici e specialistici, focalizzati su progetti mirati e di lungo periodo.
Tutto ciò per influire sugli individui ed indurli ad assumere una mentalità veramente innovativa, fondata sull’obbligo di accettare i cambiamenti e condividere il percorso di conoscenza, comprensione e decisioni consapevoli.
Le nuove competenze dovranno essere analitiche, costruttivamente critiche e circolarmente aperte, in grado di superare il concetto di gerarchicizzazione che vede solo arte, filosofia e letteratura come culmine del sapere, trascurando i fondamentali apporti di matematica, fisica, chimica e biologia, con le loro formidabili ricadute sulla tecnologia.
Serve l’accettazione di un ambito mentale che veda nel pensiero aperto, descrittivo, visionario ed interagente la chiave per aprirsi alle novità e verificare i legami che intercorrono tra le differenti discipline che la rigidità del nostro settoriale modo di apprendere ed organizzarci, ci impedisce di cogliere.
Bisogna saper educare anche al pensiero laterale, divergente ed antitetico ed appassionare all’apprendimento strutturato ed integrato, perché il sapere non deve più essere”potere”, ma diletto e passione per la scoperta.
Si deve operare con didattiche interconnesse che permettano la conoscenza e la comprensione delle metodologie per poi arrivare alle soluzioni (problem solving metodologico) con gruppi multidisciplinari secondo percorsi di learn by doing (imparare facendo).
Infatti la creatività è istintiva, ma educazione e convenzioni sociali riducono le nostre capacità che debbono essere recuperate grazie all’apprendimento integrato, al lavoro di gruppo, alla learning organization e chiedendo alle istituzioni scolastiche e formative di privilegiare quei momenti di innovatività che sono innati dentro di noi.
Le soluzioni del passato non sono più valide nel presente e i vari sistemi formativi dovrebbero essere strutturati per ottenere che ci si appassioni sia all’apprendimento che all’accrescimento delle competenze per ricercare soluzioni non convenzionali alla complessità e all’interconnessione degli attuali problemi.
Questo perché si sviluppi il senso di responsabilità collettiva che è a fondamento di ogni processo di conoscenza.
Su tutto ciò si innestano le nozioni teoriche specialistiche che sono i “mattoni” del sapere.
Quindi, aprendosi alle relazioni tra le discipline, si possono accrescere le opportunità di scambio, confronto e soluzioni, integrando:
– la scienza (sapere) con la tecnologia (applicabilità) che rappresentano gli strumenti teorico/pratici;
– l’economia che rappresenta il valore della fattibilità e del tempo di ritorno, allargato anche alle ricadute ambientali e sociali;
– la sociologia e psicologia che sono il territorio del comportamento.
Si declina così un percorso che partendo dalle esigenze e dalle aspettative delle persone (problemi/opportunità) individua i prodotti e i servizi che possono soddisfarli, secondo una logica fondata sulle 3 R di: razionalità (approccio metodologico), risorse (sostenibili), relazionalità (comportamenti ed atteggiamenti).
Organizzativamente questo comporta l’obbligo di far si che si accresca l’intelligenza collettiva, con saperi diversificati, conseguenza di culture differenti e non più separate con la logica funzionale che sta evidenziando i suoi limiti anche nel management gestionale (le canne d’organo delle funzioni che non dialogano tra di loro!).
Molti degli attuali problemi del Pianeta non possono più trovare risposte ricorrendo alle conoscenze di singole discipline, occorre un approccio olistico, in grado di vedere soluzioni che i singoli saperi non possono cogliere.
Infatti, in economia, non sono più accettabili: instabilità (precarietà del lavoro) indebitamento per consumi ed ineguaglianze che sono la conseguenza di un modello di crescita iniquo e non più sostenibile.
Si dovrà lavorare su piena occupazione ed equità (uguaglianza delle opportunità) per garantire una crescita stabile e giusta e questo si potrà ottenere solo se l’approccio non sarà solo economico, ma multidisciplinare e fondato su individui che operano sull’interazione ed integrazione delle discipline, che sono il fulcro dell’innovazione.
Luigi Pastore
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