Il lavoro è uno degli ambiti in cui la disparità di genere è più evidente. Nonostante le numerose iniziative in Ue per appianarli, i divari non sono ancora scomparsi. Essi riguardano innanzitutto l’accesso al mondo del lavoro. Le donne occupate in Europa sono il 69,3%, un valore inferiore di 10,7 punti percentuali rispetto a quello degli uomini. In Grecia il divario sfiora i 21 punti, e l’Italia è seconda, con 19,7. Le donne sono svantaggiate soprattutto se hanno figli, complici da una parte gli stereotipi di genere che le vedono maggiormente partecipi del lavoro domestico e di cura e, parallelamente, l’insufficienza delle infrastrutture che dovrebbero aiutarle, per esempio gli asili nido. Tra le donne con figli si registra il tasso di occupazione minimo e la massima incidenza di lavoro part-time. Nel caso degli uomini invece avere figli è correlato a una condizione opposta, di occupazione massima e di minima incidenza del lavoro a tempo parziale. |
Nonostante la graduale emancipazione delle donne nella società, persiste il fenomeno di una maggiore partecipazione maschile al mondo del lavoro. Lo dimostrano i dati: nell’Unione europea risulta occupato l’80% della popolazione maschile in età lavorativa, contro il 69,3% di quella femminile. La differenza occupazionale tra uomini e donne in UE nel 2022 rappresenta 10,7%, anche se si possono rilevare differenze molto marcate tra i vari stati membri, nonostante in tutti esista un divario. La Grecia è il primo paese Ue per differenza di genere rispetto al tasso di occupazione: parliamo di 21 punti percentuali. Seguono l’Italia, con 19,7 punti, e la Romania, con 18,6. Ultimi alcuni paesi scandinavi e baltici, in particolare la Lituania (meno di 1 punto percentuale di differenza) e la Finlandia (1,2).
(I dati raccolti fanno riferimento alla quota di persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni che risultano occupate, rispetto al totale della popolazione residente, e al divario tra uomini e donne espresso in punti percentuali. I dati provengono dal rilevamento sulla forza lavoro di Eurostat (LFS)).
La ricerca ovviamente fa riferimento al lavoro formale e regolarmente retribuito. Ma esiste anche il lavoro domestico, che non viene ufficialmente riconosciuto né pagato. Come rileva l’Ocse, le donne trascorrono mediamente 2,5 volte il tempo trascorso dagli uomini nella gestione della casa e dei figli. 4,73 ore il tempo trascorso mediamente ogni giorno dalle donne nel lavoro domestico e di cura, secondo l’Ocse. Nel caso degli uomini è 1,84.
Le donne con figli sono le più penalizzate
Il principale ostacolo all’inserimento lavorativo delle donne è la difficoltà di conciliare l’impiego con la vita privata: è facile comprendere come mai l’occupazione sia minore tra le donne con figli o l’incidenza del part-time è maggiore. A questo si aggiunge il fatto che spesso mancano le strutture, in primis gli asili nido.
Il tasso di occupazione di uomini e donne in UE con o senza figli
(I dati provengono da un’estrazione ad hoc dalla rilevazione Eurostat sulla forza lavoro (LFS) e si riferiscono al tasso di occupazione (diviso per lavoro part-time e full-time) tra uomini e donne europei di età compresa tra i 25 e i 54 anni, con o senza figli).
Tra gli uomini con figli e le donne con figli si registra quindi il divario maggiore in termini di occupazione: parliamo di quasi 20 punti percentuali di differenza, mentre tra le persone senza figli il valore scende a 4 punti.
Avere figli è quindi una condizione che incide fortemente sull’inserimento lavorativo delle donne e dove si presentano le disuguaglianze più marcate.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
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